Thursday 31 December 2015


Mi e’ stato regalato Libro d’ombra di Junichiro Tanizaki, scritto nel ’35. Tanizaki scrisse poi nel ’56, La chiave, da cui prese spunto Tinto Brass per il suo film, parecchio fedele al libro tra l’altro.

Ma qui voglio parlar d’altro, non dell’erotismo giapponese, pur valido soggetto, ma dell’ombra. Il titolo originale , in italiano, avrebbe dovuto essere Elogio dell’ombra, ma essendo gia’ uscito con quel titolo – in Italia il libro usci’ solo nell’82 - un libro di Borges, optarono per questo titolo molto meno felice.

Non voglio parlar del libro, che di per se’ e’ decisamente molto datato, con toni estremamente conservatori, a dir poco, sull’elettricita’, per esempio, per non parlare delle donne….

Girando per I templi zen di Kyoto, ma anche per altri templi buddisti giapponesi, oppure contemplando in sale museali o su riviste, si rimane colpiti da quella abbondanza di oro come sfondo. Sulle pareti delle sale, fondali dei paraventi dipinti , fogli d’oro zecchino a rivestire il legno in quantita’ preponderante, quasi a rendere secondario il dipinto, i tratti di china, la figura rappresentata, sia essa una tigre, un ramo di pruno o un bodhisattva. Lo stesso  per statue, ma questo succede anche nell’arte buddista del S.E Asiatico, completamente ricoperte d’oro, fuori, all’esterno. Ed e’ qui la differenza, o meglio, anzi, la ragione. L’avevo in qualche modo intuito, ma il libro di Tanizaki me lo ha confermato. L’oro non e’ li’ tanto in quanto elemento prezioso. Certo, questo  ha il suo valore. Come pure ha il suo valore il fatto di essere incorruttibile e non rovinarsi. Ma e’ li’, sui pannelli che funzionano come muri, che circondano la sala centrale del tempio e le sale di meditazione, e’ li’ nei pannelli che separano le stanze creando alcove in penombra, e’ li’ per illuminare….. A vederlo oggi, ci dice poco ed anzi siamo stizziti da tanta manifestazione di ricchezza.  Ma non e’ quello il punto.

Il punto e’ che l’oro riverbera la luce. Torniamo indietro, a quando quei fondali furono dipinti, quei paraventi costruiti. L’unica fonte dil luce erano, oltre al sole, le candele, lumi a petrolio. Ecco che improvvisamente capiamo a cosa servivano quelle pareti d’oro, Raddoppiavano, duplicavano la luce nell’ambiente, permettendo di vederci, di leggerci, di pregare, di parlare, suonare, cantare, ed anche mangiare. Perche’ quegli spazi non erano vuoti come li vediamo ora quando visitiamo i templi, ma abitati, vissuti, pieni di presenze oggettive e spirituali. Ed ecco che la luce delle candele veniva amplificata dalle pareti dorate, che rivelavano i tratti a china, la compostezza dei Boddhisatva, la calma della tigre o la leggerezza delle gru spennellate di bianco e rosa. Ecco che quei pannelli, con la luce tremula, viva ,ondeggiante delle candele, vivevano loro stessi e le cose su di loro rappresentate non erano  piu’ fisse ,irrigidite in una posa, ma vive a loro volta, trascinate dal movimento della luce, ingigantita dai riflessi delle pareti dorate.
Ho sempre amato il lume di candela e la luce che genera. Alcune candele in una stanza creano giochi d’ombre calde, in movimento, disintegrano i corpi e li ricostruiscono sulle pareti in tonalita’ di grigi con un tremito leggero che le rende vive.
Dipinsi un ritratto di un amico, Giancarlo,  riprendendo sulla tela le combinazioni delle sei differenti ombre create sul muro dietro di lui dalle candele che gli erano davanti. Colori ad olio, caldi, luminosi, cercando di recuperare nel colore i toni caldi di quelle ombre.
Una parete della cantoniera di Galtelli’ la dipinsi a paesaggio, usando l’ombra del corpo del Piccolo coricato su di un tavolo come profilo delle montagne, l’ombra di Ciano  ( il grande) e quella della mia mano che lo dipingeva.  Grazia era al centro, attingeva l’acqua al pozzo, di botticelliana memoria. Solo lei non la dipinsi da un’ombra, lei era il sole.
Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra, Bompiani, 1982.

Tokyo, 18 Settembre ‘14

ed ora ecco alcune citazioni dal testo di Tanizaki:

"In generale , noi Giapponesi non ci sentiamo a nostro agio di fronte a cose lucenti….Non dico che aborriamo  tutto cio’ che luccica; e’ tuttavia evidente che preferiamo , alle tonalita’ chiare, fredde e scintillanti, quelle un po’ offuscate e caliginose. …ho insinuato altrove che, per essere veramente eleganti, bisogna non temere il freddo; aggiungero’ che e’ necessario non temere la sporcizia…

Non e’ un caso che la minestra si serva ancora nelle ciotole di legno laccato…..Che la zuppa di miso potesse commuovermi , ed apparirmi infinitamente appetibile, me ne accorsi, tuttavia, solo la volta che vidi, a casa di amici, questo liquido pastoso, color dell’argilla, familiare fin dall’infanzia, stagnare in fondo ad una ciotola in legno laccata di nero, sotto la luce fievole di candela….Sensazioni non dissimili possono essere suscitate anche dallo shoyu ( la salsa di soja), specie quello chiamato tamari che, nella regione di Kansai, viene servito coi filetti di pesce crudo ( sashimi) o con legumi canditi o bolliti ( tsukemono)…. (pp.23-38)….

Nei temple buddisti,…nere tegole riparano l’intero edificio, che sembra abbia scelto di accucciarsi sotto la loro ombra densa e protettiva, niente sia importante come la vastita’ e la pesantezza della copertura…. La spoglia eleganza delle case giapponesi e’ fondata, per intero, sulle infinite gradazioni del buio. …Del sole,…, non ci raggiunge che uno spento riflesso, filtrate attraverso la carta opalescente dello shoji. Questa luce mitigata e indiretta e’ l’elemento estetico piu’ importante della casa giapponese. …le pareti delle stanze piu’ importanti hanno il colore della sabbia, e superfici opache, ruvide, smorte. Le loro gradazioni conferiscono, a ogni locale, una differente qualita’ di buio…. V’e’, nella stanza principale della casa giapponese, una nicchia, il toko no ma, in cui, volta per volta, si usa esporre un quadro, o qualche fiore. Questo oggetti mirano…ad aggiungere al buio una dimensione cava.. La funzione del quadro, destinato ad assorbire una luce fioca, non e’ granche’ diversa da quella degli intonaci sabbiati, per questo e’ cosi’ importante la patina, quando scegliamo I quadri per il toko no ma.   ( pp.39-43).

L’inchiostro di china acquarellato  ( sumi-e)  e’, tra i generi della pittura, quello cui vorrei paragonare la stanza giapponese. Dove l’inchiostro sfuma, la’ e’ lo shoji; dove  si addensa, la’ e’ il toko no ma….

Ma illuminare e’ la parola giusta? La sua vera funzione ( dello shoji ) non e’ forse quella di filtrare  ogni luce che venga dall’esterno, di sofforcarla, dsi spossarla? … Quante volte, immobile davanti ad una di quelle finestre, ho meditato sull’enigma di una luce senza bagliore! … Non avete mai avvertito la qualita’ strana , densa e fantomatica del lucore che vi stagnava, e che sembrava separare il luogo in cui vi trovavate da tutta la restante realta’?  ( pp.45-48)

Raccogliete  sterpi e

legateli.

          Una capanna.

             Sciogleteli.

Lo sterpaio di prima.

Queste parole esprimono bene il nostro modo di pensare: non nella cosa in se’, ma nei gradi d’ombra, e nei prodotti del chiaroscuro, risiede la belta’.

La perla, fosforescente nei luoghi bui, alla luce del sole smarrisce gran parte del suo fascino.  ( pp.61-65).

Ma perche’ poi piace tanto, a noi Orientali, la bellezza che nasce dall’ombra? V’e’, forse, in noi Orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita. Ci rassegnamo all’ombra, cosi’ com’e’, e senza repulsione….Un tempo le donne erano obbligate non solo ad annerirsi I denti…ma anche a radere I sopraccigli; altro artificio che serviva ad accrescere il lucore e l’albedine dei visi. …Almeno nella mia immaginazione, quel viso vince in bianchezza la piu’ bianca delle donne occidentali. In costoro, la bianchezza e’ diafana, ovvia, banale; nella donna giapponese, e’ misteriosa, e disumana quietamente. Mi si potrebbe obbiettare che un simile colorito non esiste nella realta’; che e’ un’illusione effimera, legata ai giochi della luce e dell’ombra. Che importa? A noi piace cosi’. Non c’e’ dato di sperare in niente di piu’, o di diverso….  Il colore dell’ombra che avvolgeva la bianchezza fantomatica delle antiche donne giapponesi…..Avete mia visto, voi che mi leggete, una vera oscurita’ illuminata da una luce di candela? … ( pp.67-77).


Invecchiando, ognuno si convince  che, nel corso della sua vita, tutto e’ andato peggiorando…Nessuno sembra soddisfatto dell’epoca in cui s’e’ trovato a vivere….Sorrido divertito quando mi sorprendo anch’io a parlare come un vecchio….

Ricetta sushi delle montagne di Yoshino:
Mettete acqua e riso sul fuoco. Quando l’acqua sobbolle, aggiungete un go di sake per ogni sho di riso. Terminate la cottura lasciando, a fuoco spento, il riso sul fornello, nella pentola chiusa ermeticamente. Poi aspettate che il riso si sia raffreddato. Girando il riso tra le mani, che avrete spolverato di sale fino, formate delle palline compatte. E’ importante che, durante  l’operazione, le mani non conservino traccia alcuna di umidita’. Il riso deve essere trattato soltanto con il sale. Quando le palline di riso saranno pronte, avvolgetele prima in fette sottili di salmon salato, poi in foglie di cachi con la parte lucida volta verso l’interno. Sia le foglie di cachi, sia le fette di salmone, saranno state asciugate meticolosamente con un tovagliolo pulito. Mettete le palline in una bacinella di legno per il sushi, o in un contenitore per il riso cotto, assicurandovi che non resti spazio tra pallina e pallina. Anche la bacinella, o il contenitore, dovranno essere perfettamente asciutti. Coprite il recipiente con un coperchio sul quale appoggerete una pietra pesante, come quella che si usa nella preparazione del piatto di verdure detto tsukemono. Preparato di sera, il sushi e’ pronto per la mattina dopo; lo si puo’ consumare nei tre giorni successivi, sebbene sia squisito soprattutto il primo giorno. Prima di servirlo, irroratelo con un rametto, bagnato di aceto, della pianta aromatica chiamata tade. ….

…La sua battaglia mi pare confortante. E’ puro vandalismo cancellare quel mondo d’ombra, che e’ il gran dono dei boschi…..  Vorrei che non si spegnesse anche il ricordo del mondo d’ombra che abbiamo lasciato alle spalle; mi piacerebbe abbassare le gronde, offuscare I colori delle pareti, ricacciare nel buio gli oggetti troppo visibili, spogliare di ogni ornamento superfluo quel palazzo che chiamano Letteratura. Per cominciare, spegnamo le luci. Poi si vedra’.   ( pp. 79-90).


'Omaggio a Rothko No.2 A/B/C'

sul cielo di Frankfurt. 20/12/2015