Thursday, 16 March 2017
Noi continuiamo a usare parole del passato per definire il presente.
E questo fa si che non capiamo il presente.
Forziamo invece di capire il presente che viviamo, questo ci aiutera' a trovare le parole per raccontarlo.
16/3/17
Friday, 3 March 2017
Wednesday, 1 March 2017
Seconda citazione dal libro di Roberto Calasso, Il cacciatore celeste. Uno dei libri che sicuramente mi sta dando di piu' in questo periodo.
Dopo una prima citazione che parlava dell'origine, questa che parla di un importante passaggio nella formazione dell'uomo come ora lo conosciamo.
“….Primate, frugivoro, poi ominide granivoro, infine
predatore: queste sono le fasi riconosciute dai paleoantropogici. Le cesure
erano profondamente incise. E, di fatto, ci fu una sola, dissestante cesura:
quella fra l’ominide granivoro, che ancora si nutriva di semi e radici,
difficile da masticare, e il predatore, provvisto di una dentatura dove non
dominavano premolari e molari, mentre si accentuava la funzione degli incisivi e dei canini. …il
nuovo posto intermedio – quello chiamato una ‘nicchia ecologica’ nel processo
evolutivo – sarebbe stato quello di carnivori
saprofagi. Fu il lungo periodo in
cui Homo ebbe come modello non le tigri, ma le iene.
I primi animali che gli antenati di Sapiens vollero e
sappero imitare furono le iene, unici animali capaci di qualcosa che neppure i grandi predatori sapevano fare:
con le loro mascelle possenti spezzavano le ossa delle prede e ne succhiavano
il midollo, ricco di proteine. Questo si
trattava di imitare…..
Nella preistoria si stagliano due macroeventi, estesi su
un numero non precisabile di anni: il passaggio alla dieta carnea e la
trasformazione di Homo in predatore. Eventi connessi da un altro macroevento non circoscrivibile: la
trasformazione di Homo in scavenger:
scarnificatore di carcasse residuali….uno step nella lenta, laboriosa,
angosciosa…acquisizione da parte del genere umano del posto dominante nella
catena alimentare. Ogni altra conquista
ne discende…..
Che l’uomo non sia un predatore primario, ma tale solo per mimesi, si rivela da molti segni.
Forse il piu’ eloquente e’ l’incapacita’ umana di orientarsi nel buio….
Le iene furono i primi filologi. Trattavano soltanto corpi la cui vita apparteneva al passato.
Andavano subito all’osso e lo spezzavano. Avevano mascelle piu’ forti degli
altri mammiferi. E cercavano qualcosa che gli altri ignoravano: il midollo.
Come modello , per Homo vennero prima le iene, poi Dinofelis e le tigri dai denti a
sciabola. L’impolso incontenibile verso
l’imitazione si manifesto’ quando Homo si rese conto che il suo corpo non
sarebbe mai stato adeguato. Occorreva una protesi, qualcosa di estraneo da tenere in mano…… E poi,
dopo tanto tempo, ….una casa,
riserve di cibo accumulate, spartizione di cibo, donne che aspettano il
ritorno… infine…. Ma i primi ominidi – due milioni di anni - erano molto diversi da noi. Pochi sono i
punti fermi e dirimenti: la scoperta che si puo’ vivere ( anzi, che forse si vive meglio, per l’apporto di proteine )
mangiando anche carne di animali morti e
spezzandone le ossa per succhiarne il midollo; l’imitazione di altri animali
che sono maestri nel farlo.
Scavenger: parola
forte, netta…. In altre lingue, come francese o italiano, viene eufemizzato in
‘animale spazzino’ o ‘eboueur’, come
se si trattasse di monnezza….. Le uniche
tracce che ne rimangono sono alcuni tagli prodotti da strumenti degli ominidi
su ossa gia’ incise dalle zanne dei grandi felini o rosicchiate dalle iene.
Mangiatori di resti: cosi’ appaiono gli antenati umani della Gola
di Olduvai, finora il luogo piu’ generoso di testimonianze…. Quelle ossa
dovevano essere quanto rimaneva di carcasse spolpate, ma non interamente, dalle
iene. Gli ominidi avevano solamente concluso la loro opera…..durante un lungo
periodo avevano vissuto come parassiti di predatori, preparando al passo
irreversibile che gli avrebbe concesso di venire accolti a pieno titolo fra i
predatori. Comune alle due fasi sarebbe rimasto un elemento: mangiare carne di
animali uccisi. Le proteine e gli acidi grassi ingeriti grazie alla
scarnificazione delle carcasse residuali agivano come una droga lenta e sicura.
Lunghissimo e non accertabile con sicurezza fu il periodo
di incubazione, che preparo’ il passo fatale: la trasformazione di Homo in predatore.
Scansioni della storia umana: all’inizio frugivori, poi scopritori di quella
droga che furono le proteine e imitatori delle iene, infine imitatori dei loro
assassini, con tale abilita’ da competere con loro, accerchiandoli. Da ultimo, impresari di circhi viaggianti.
Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, Adelchi, pp.157-163
Wednesday, 22 February 2017
… La possessione e’
qualchecosa che interviene regolarmente nella vita cosciente – e non potrebbe
essere altrimenti, perche’ ogni attimo della coscienza e’ diviso almeno in due
e ospita qualcosa di ulteriore rispetto
a “cio’ che si chiama ‘ noi stessi’”.
….Per la scienza, la ‘unreasonable effectiveness of mathematics’
, l’’irragionevole applicazione della matematica’, e’ il mistero dei misteri,
come E.P. Wigner ebbe l’improntitudine di affermare.
…primo dei misteri: la
corrispondenza fra il mondo e certe operazioni della mente, la sua obbedienza
alle equazioni. Una volta che l’indagine si rivolge alla coscienza, quel
mistero diventa centrale, cosi’ come – un tempo – era stata centrale l’opacita’
e la inintelligibilita’ del mondo esterno.
…. La conoscenza viene
riconosciuta in una parte infinitesimale della vita dell’universo. E si pone la
questione di come sia sorta. Se la coscienza e’ un’entita’ diacronica si dovra’
pensare che anche le sue strutture logico-matematiche si siano sviluppate nel
tempo. Magari per via di una pressione evolutiva ( nessun’altra causa, a rigore
dell’opinione scientifica oggi
dominante, e’ ammessa). Ma pressione in vista di quale vantaggio
adattativo? L’unica risposta potrebbe essere che tale vantaggio fosse la
corrispondenza fra certe configurazioni
logico-matematiche e il mondo esterno. In questo caso l’evoluzione
dimostrerebbe di essere una mente quanto mai sofisticata, capace non solo di
garantire l’applicabilita’ di certi formalismi matematici, ma di elaborarli.
Sulla base di che cosa? Quale sarebbe lo
stato della mente che precede
l’elaborazione di quei formalismi? D’altra parte, se non si desse
corrispondenza fra le strutture matematiche
della mente e il mondo esterno, l’uomo sarebbe del tutto inerme, incapace di calcolare,
quindi di sviluppare quelle protesi che gli assicurano il controllo su alcuni spicchi
del mondo esterno. Se i costrutti matematici fossero invenzioni, il mondo
esterno sarebbe una perpetua allucinazione. Se i costrutti matematici fossero
scoperte, il mondo esterno sarebbe una prosecuzione
della mente con altri materiali.
Roberto Calasso: Il cacciatore celeste, Adelphi,
pp.135-138
Monday, 20 February 2017
Monday, 16 January 2017
Omaggio a Lou Reed 2 - I'll be your mirror 1/A - 1987
Enrico Perlo
Omaggio a Lou Reed 2 - I'll be your mirror 1/B - 1987
Enrico Perlo
Mostra collettiva 'LA MAPPA ED IL LUOGO'
Chiesa del Gonfalone - Fossano
Aprile-Maggio 1987
LA MORBIDA MACCHINA
testi di Riccardo Cavallo
Saturday, 14 January 2017
Alcuni spunti, brevi frasi che parlarono di femminilita', di debolezza, che mi fan sentire la voglia di leggere un 'Trattato sulla debolezza', tanto credo che sia importante, specialmente di questi tempi...
Giorgio
Scerbanenco
Il falcone e altri
racconti
“ …in due passi le fu davanti, la mano tesa,……., nella
quale lei senti’ la sua forza, come una debolezza, in un mare di forza.” ( p.72)
“Lei si volse,…., senti’ di essere guardata , come in
certi momenti gli uomini guardano animalescamente le donne, e nel polveroso
buio del vasto appartamento senti’ subito caldo, dalle caviglie alla testa, per
quell’abito troppo aderente che la signora Doradori le aveva preso, mentre i
piedi e le mani rimanevano gelati.”( p.73)
“ E prima cerco’ di vedere, quando fu rimasto solo, se
poteva illunersi, aveva imparato in tanti anni di vita che non importa che le cose siano vere, ma che noi si abbia
la speranza che possano essere vere, ma per quanto…”. ( p.107)
‘…avvio’ piano per non fare rumore, davanti al cancello
fermo’, apri’ i battenti, ma ormai nessuno avrebbe piu’ raggiungerlo, si avvio’
nel buio gelido, ma senza odio, senza amarezza, senza disperazione, perche’ era
lui che aveva sbagliato, e non Eleonora, ma era stato qualche cosa piu’ forte
di tutta la sua saggezza, di tutta la sua prudenza, quando sul parametto
davanti al lago, d’improvviso, come emergendo, dal lago stesso, agile, morbida,
fluente, lei era saltata in piedi, in pullover nero e gonnellino grigio, le
gambe nude, la tozza treccia che ancora le frustava le reni per il balzo fatto.
Era stato per questo, e anche per questo le avrebbe lasciato tutto, la villa,
l’Estremadura, i colli intorno e il torrente, e anche il denaro, e anche la
liberta’ col divorzio, perche’ lei doveva goderne, non lui che aveva gia’
finito, che aveva gia’ anche troppo, e che non doveva far altro, ora, che
aspettare l’altra fine, con molta
pazienza, oh molta, perche’ tante volte la fine materiale tarda molto, molto, e
si sembra ancora vivi e non lo si e’ piu’ da tanto”. ( p.109)
“Era quasi il tramonto quando trovammo il coraggio di
muoverci. Avevo sempre la mia borsa, ma adesso ricordo quella contadina, quel
curioso segno che aveva fatto con la mano, come volesse racconglierci con un
cucchiaio, e mi sembrava di capire. Ci aveva fatto lo stesso gesto che faceva
ai pulcini per mandarli al sicuro in pollaio con le chiocce. Ne ero certo. Lei sapeva che dietro stavano
arrivando il tedeschi e aveva avuto per noi, sconosciuti, l’istintiva tenerezza
femminile, materna, protettrice, che aveva per i pulcini e per ogni creatura
vivente. Cambiai di mano alla borsa, continuando a camminare, sfinito, ma
adesso sapevo che la realta’ non era
quel fuggire, quella guerra, quello spietato pericolo di vita, ma ,
all’opposto, proprio quello che si trovava scritto nel mio romanzo e in tanti
altri, di tanti altri che scrivevano come me, di tenere donne e teneri
sentimenti. Le guerre passavano, tornavano e ripassavano ancora, ma le donne,
anche l’ultima delle contadine, avevano sempre quei gesti di istintiva
tenerezza e protezione femminile, per portare al riparo e salvare qualunque
creatura vivente sia in pericolo o abbia bisogno di aiuto…… La sciocchezza
forse era lui, che mi domandava se ero armato e che vedeva in ogni simile un
nemico, mentre la contadina del giorno prima aveva mosso la mano in quel gesto
curioso, come di raccoglierci e metterci al sicuro.” (p.150)
“Piu’ tardi ho imparato che gli ucraini, e mio padre era
ucraino, sono i latini di Russia, ma allora lo sapevo d’istinto, senza neppure
pensarci”. ( p.151).
“..fingevano di capire, ma io sentivo che non mi
capivano, e provavo un’oscura pena che mi ha seguito sempre, e mi segue ancora.’
( p.151)
“…Non era un rumore, era un continuo crollo. Un istante
dopo l’altro qualche cosa crollava rovinosamente, e questo per tutto il
giorno.” (p.158)
“…Non importa come se ne parlasse, anche sotto i discorsi
meno decenti, ciascuno, senza saperlo, senza volerlo, metteva una nota di
acuta, feroce nostalgia per la donna. Non era soltanto desiderio, anche se
sembrava che fosse soltanto quello, era la necessita’ spirituale, incoercibile,
di vivere in un mondo normale dove vi fossero anche le donne.” ( p.161-162)
“… Tutti i miei personaggi erano gente modesta, spesso
anche umile, che pensava solo a vivere…”. ( p.169)
“.. Come sempre , dopo, molto tempo, quando da anni
giaceva in una tomba…, cominciai a capire quello che doveva avuto sofferto, le
ansie che doveva aver avuto per me, l’angoscia di non potermi aiutare, la
disperazione di lascisarmi quando ero ancora cosi’ incapace di vivere.” (p.173)
“… In certi momenti non le parole scritte….Noi viviamo di
queste voci, di queste carezze di queste tenerezze….” (p.176)
“…sono le persone che credono in noi piu’ di quello che
noi siamo che ci rendono migliori….chi vede quello che noi non siamo ci aiuta a
essere un poco, ad avvicinarci un poco a
quell’ideale che eg;li vede in noi. … E io sono stato molto fortunato e ho
avuto sempre intorno a me qualcuno che mi credeva assai migliore di quanto io
fossi, e cosi’ mi aiutava a diventarlo un po.”
(p.181)
“… Una donna non vuole nulla e non spera nulla dai suoi
figli, vuole solo dar loro tutta se’ stessa.”
( p.196)
“…in questo sono
d’accordo con Shakespeare che dice:” negli occhi di donna sono le biblioteche,
le arti, i volumi”. (p.200)
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