Sunday, 28 February 2016

 '50 Famous Restaurants of Tokyo'
Toyokuni III & Hiroshige, 1852-53

Una specie di guida Michelin di epoca Edo, illustrata con scenografie, piatti e attori kabuki.








Thursday, 25 February 2016

ne me réveille pas, s'il te plait
laisse-moi rêver ce rêve
il y a du temps pour le jour
tandis que mes yeux se brisent en larmes


                                                                    non mi svegliate, ve ne prego
                                                                    e lasciate che io dorma questo sonno
                                                                    c'e' ancora tempo per il giorno
                                                                    quando i miei occhi s'imbevono di pianto

                                                                    Banco del Mutuo Soccorso, non mi rompete

don't wake me up, please
leave me to dream this dream
there is still time for the day
when my eyes fill with tears

.

Wednesday, 24 February 2016





Trittico: Omaggio a Lou Reed  - I'll be your mirror no.2, A,B,C


Friday, 19 February 2016


Joseph Roth, Le citta’ bianche, Adelphi, 1986.



 “…I ragni sono rimasti I miei animali preferiti. Di tutti gli insetti sono, con le cimici, I piu’ intelligenti. Se provvede a nutrirli. Tutti gli animali danno la caccia alla preda. Del ragno tuttavia si puo’ dire che e’ ragionevole e saggio nella misura in cui ha scoperto che dare disperatamente la caccia a tutti gli esseri viventi non serve a niente e che soltanto l’attesa e’ fruttuosa. …. La mia infanzia trascorse grigia in citta’ grigie. La mia giovinezza fu un servizio miltare grigio e rosso, una caserma, una trincea, un ospedale militare. Viaggiavo in paesi stranieri – ma erano paesi nemici. Mai avrei pensato, prima, di attraversare cosi’ rapidamente, cosi’ crudelmente, cosi’ selvaggiamente una parte del mondo con lo scopo di sparare, non con la voglia di vedere. Prima che iniziassi a vivere, il mondo intero era aperto di fronte a me. Ma quando cominciai a vivere, questo grande mondo si rivelo’ un deserto. Io stesso, con I miei coetanei, l’avevo distrutto. … Soltanto noi, soltanto la nostra generazione ha vissuto il terremoto, dopo aver fatto affidamento , fin dalla nascita, sulla assoluta stabilita’ della terra. Per tutti noi e’ stato come sedere in un treno, l’orario ferroviario in mano, per viaggiare il mondo. Ma una tempesta ha spinto lontano il nostro vagone, e in un attimo ci siamo trovati nel luogo in cui avremmo voluto recarci in dieci anni tranquilli, variopinti, pieni di incanto e di emozioni. Abbiamo saputo tutto prima ancora di sperimentare alcunche’. Eravamo preparati alla vita, e gia’ ci ha salutato la morte. …Ne sapevamo piu’ dei vecchi, pur essendo ancora gli infelici nipotini che i nonni prendevano in grembo per racconrare loro una storia. Da allora non credo ci sia possibile, orari ferroviari alla mano, salire su un treno….

Da quando sono stato in paesi nemici, non ce n’e’ piu’ nessuno in cui io mi senta straniero. Non vado piu’ all’”estero”. E’ un concetto, questo, che sembra risalire all’epoca delle carrozze! tutt’al piu’ io vado nel “nuovo”. E mi accorgo di averlo gia’ intuito. E non posso “riferirne”. Posso soltanto raccontare che cosa e’ successo in me e come l’ho vissuto…..”

“…Laggiu’ oltre il recinto, ci si trasforma di continuo. E’ quella che noi chiamiamo di solito ‘infedelta’’, per noi ogni adattamento e’ un pezzo di ‘tradimento’. Io oltre il recinto ho riguadagnato me stesso….Per le strade e in societa’ il mio aspetto e’ lo stesso che in casa. Si’, fuori io mi sento a casa. Conosco la dolce liberta’ di non mostrare nulla piu’ di me stesso. ……. Senno’ ci dicono che siamo ‘senza principi”. E’ tipico di un mondo limitato guardare con sospetto tutto cio’ che non puo’ essere definito……ho ritrovato le citta’ bianche cosi’ come le avevo viste in sogno…(pp. 11-17).





LIONE

… Tutto e’ calmo, nessuno si agita. Le ore sembrano scorrere piu’ silenziose e tranquille che altrove. Perfino le sorprese si fanno annunciare….La vita non ha un valore smisuratamente alto. La vita non vale di piu’ di una magra paga settimanale, di una bottiglia di vino a buon mercato, di un cinema di domenica. ...

… e io mi convinco che una citta’ che giace tra due fiumi sia abitata da gente per bene.  ( Cuneo…???nota mia). L’acqua e’ un elemento sacro….

( La cattedrale…) Ed io non ho mai visto  un monumento dei nostri giorni la cui grandiosita’ si unisca cosi’ intimamente alla delicatezza e la cui maesta’ si ritragga con tanta discrezione dietro la dolce emergenza dei particolari….



VIENNE

“In un museo di Lione vidi un quadro della nuova Vienne, un tempo citta’ romana:  giaceva tra le colline, qui scoscesa, la’ pianeggiante, sulle due rive del Rodano, e con tutta la sua grazia serbava tuttavia qualcosa della monumentalita’ romana, di quel tocco di eternita’ che Roma ha saputo imprimere a tutti i suoi edifici, monumenti, colonie….

…Qui vivevano I morti! In queste strade nessuno aveva piu’ a che fare con il mondo!...Per tutto il giorno le donne sedevano alla finetra, e accanto a loro, immobili come loro, erano accoccolati i gatti. I cani dormivano in mezzo alla strada e nessun veicolo disturbava il loro sonno. E io camminavo…  (oppure) sono stato soffiato attraverso questa citta’ come un alito di vento…

Cinquantotto anni prima della nascita di Cristo, Giulio Cesare fece  costruire l’enorme acquedotto. Circa cinquecento anni dopo Gundobado, il re dei Burgindi, irruppe nella citta’ e la conquisto’ passando per questo acquedotto. Il monumento ha aiutato la storia… ( be, non era un monumento allora, era un’opera pubblica utilizzata in silenzio tutti I giorni…).



TOURNON

… ho camminato per tre giorni consecutivi. Ho costeggiato il Rodano, senza cartina, senza guida e senza mai fermarmi se non per la notte. …



AVIGNONE

Daudet, il grande narratore provenzale, ha osservato acutamente che il sole cocente fa sembrare piu’ grandi gli oggetti. La luce forte getta ombre forti e aumenta il contrasto tra la parte illuminata del paesaggio e quella in ombra. Il sole amplifica e moltiplica i dettagli. Nei paesi nebbiosi dove il sole e’ pallido i dettagli si perdono ed e’ come se il cielo profondo e pesante schiacciasse tutto cio’ che si protende verso l’alto.  Ho sempre attraversato paesaggi nebbiosi…. Qui per la prima volta ho viaggiato con piacere.  Son riuscito a capire la felicita’ degli uomini che senza timore si abbandonano al proprio cammino. … Di una cosa soltanto sentivo la mancanza: del bosco….

Eppure per Avignone sarebbe impossibile stare in mezzo ai boschi. Avignone ha bisogno di luce….

Sono stati i papi a costruire queste fortezze. ...

E’  una citta’ medioevale, Avignone, o e’ una citta’ romana? E’ orientale o europea? … E’ una citta’ cattolica. E come questa religioni abbraccia tutti I popoli ( ???ebrei? arabi?indiani????)… Per cinque secoli ha regnato qui il gusto piu’ raffinato. Per cinque secoli si sono qui adunate tutte le tradizioni artistiche, politiche , letterarie.  Per cinque secoli hanno qui convissuto la nobilta’ spirituale e l’aristocrazia sociale dell’intera Europa. La popolazione originaria di questa regione apparteneva al popolo intelligente, abile e forte dei Celti. Ma furono I Fenici di Marsiglia, orientali che avevano  conosciuto la cultura greca, a fondare Avignone. Molte famiglie fenicie si stanziarono qui. Erano famiglie di mercanti. Ma mercanti che vissero in un’epoca in cui il commercio possedeva ancora qualcosa di eroico, e ogni affare,oltre a una finalita’ materiale, aveva altresi’ un significato storico, creava un legame tra i popoli, allargava gli orizzonti! Fu quella un’epoca gloriosa, nella quale i mercanti superarono di molto l’aristocrazia in vera cultura, in conoscenza del mondo e ampiezza di vedute, e in cui per stipulare un contratto ci voleva piu’ coraggio che per fare una Guerra.   In tale epoca, da un popolo di siffatti eroici commercianti, fu fondata Avignone….Ancora oggi gli abitanti di Avignone sono Fenici  per meta’: chiassosi, intraprendenti, intellettualmente vivaci, ottimi risparmiatori e cosmopoliti.



La storia vera e propria di Avignone inizia nel XII secolo…. E l’ancor piu’ antico ponte, la cui costruzione ebbe inizio nel1177. Era stato concepito soltanto per pedoni e cavalieri. Infatti e’ lungo 900 metri e largo 4 soltanto. Nel XIII sec. fu demolito. Oggi se vede soltanto mezzo ponte. Il suo ultimo pilastro poggia sull’isoletta nel mezzo del fiume. Ho visto una vecchia incisione a colori. Vi e’ raffigurata la tradizionale danza popolare sul ponte ( “sur le pont - d’Avignon – on y danse - on y danse; sur le pont - d’Avignon – on y danse – tout en rond…” ). Benche’ stretto a tal punto che un’incauta giravolta sarebbe bastata a renderlo pericoloso, questo ponte era la pista da ballo del popolo avignonese. Mi ha colpito che la gente venisse a ballare proprio nel punto in cui il ponte era piu’ stretto e piu’ pericoloso. Di sicuro gli avignonesi non se ne rendevano conto(!!!?) ed e’ probabile che non si accorgessero che stavano danzando letteralmente sull’abisso.  (???) E poi si prendevano gioco della morte. Saltellavano sull’acqua…. Nella vecchia incisione si puo’ vedere come i bambini, i borghesi, le donne, i mendicanti ed i monaci si tenessero per mano.  Che grande baraonda sotto la giurisdizione ecclesiastica!  Tutti conoscono il bel racconto di Daudet sull’asino del papa, e tutti sanno quanto fosse popolare nelle strade di Avignone il capo della Chiesa. … I papi infatti qui erano in vacanza. La storia definisce pomposamente la loro permanenza ad Avignone: cattivita’ babilonese dei papi….ma fu la cattivita’ piu’ piacevole che….

‘Roma – scrive Renan – era in realta’ la piu’ turbolenta delle repubbliche italiane. Il suo circondario era un deserto, pericoloso per ogni viandante…’. Clemente V emigro’ ad Avignone. Il suo successore, Giovanni XXII, inizio’ ad edificare e fece costruire le fortezze che, sotto il dominio di Benedetto XII, furono migliorate e quasi completate…….

Nei palazzi…ovunque le porte si nascondono. Non vogliono disturbare le pareti. L’ambiente e la sua armonia sono la cosa piu’ importante….

Nelle librerie di Avignone si vende il ritratto di Petrarca, che scelse la Provenza come patria d’elezione, che a vent’anni si stabili’ ad Avignone, citta’ natale di Laura, poi visse e poeto’ a Vaucluse e, dopo la morte dell’amata, si trasferi’ a Venezia dove fondo’ la biblioteca della citta’. In segno di riconoscenza, gli fu offerto di vivere in un castello.

Non credo alle coincidenze……Che ad Avignone sia vissuta la donna piu’ famosa di tutti i tempi, e’ qualcosa che a questa citta’ avrei potuto concedere fin dal primo istante in cui l’ho vista. Ancor oggi le donne….Io al posto del Papa, non mi sarei certo mosso di li’…… Ogni persona porta nel proprio sangue cinque diverse razze, antiche e recenti, e ogninindividuo e’ un mondo che ha origine in cinque diversi continenti. Ognuno capisce tutti gli altri, e la comunita’ e’ libera, non costringe nessuno a comportarsi in un determinato modo. Ecco qual’e’ il grado piu’ alto di assimilazione : ognuno resti com’e’, diverso dagli altri, straniero rispetto ad essi, se qui vuole sentirsi a casa propria…..

E l’’umanita’’ e’ l’essenza della cultura provenzale : il grande poeta Mistral, alla domanda di un dotto che gli chiedeva quali razze vivessero in questa parte del paese, rispose : « Razze ? Ma se di sole ce n’e’ uno solo ! ». … (pp.51-69).

Murakami Aruki: “I salici ciechi e la donna addormentata”, Einaudi Super T, 2010, 2012,2013.  Titolo originale: ‘Mekurayamagi, to nemuru onna’, 2006. Raccolta di racconti



“…Ma era soprprendente quante cose avessimo da dirci. Qualunque fosse l’argomento, conversare insieme era piacevole e avremmo potuto andare avanti per ore…Era un sentimento molto diverso da quello che viene comunemente chiamato ‘amore’. Si trattava di una condizione ben piu’ vicina all’empatia ( corsivo mio)…

Poi andammo a letto insieme…nessuno dei due provo’ al riguardo un senso di colpa…. era una cosa di cui avevamo veramente sentito la necessita’. Fu un atto calmo, gradevole, semplice, essenziale. …la parte piu’ bella venne dopo…sussurravamo tra noi a bassa voce, parlavamo di cose che capivamo soltanto noi…”. pp.128-129



Fragilita’:



“ …fin da bambino ero il tipo che non si rilassava mai. Vedevo sempre dei limiti tutt’intorno a me, e facevo in modo di non superarli. Si, avevo sempre davanti agli occhi una sorta di percorso guidato. Come se fossi su un’autostrada e mi venisse ricordato di tenermi sulla destra, di fare attenzione alla curva, di rispettare il divieto di sorpasso e cosi’ via. Se mi fossi attenuto alle indicazioni ricevute, sarei andato avanti senza problemi. Bastava che mi comportassi cosi’, qualsiasi cosa facessi, e tutti mi avrebbero apprezzato. Da piccolo pensavo che funzionasse cosi’ anche per gli altri, ma poco a poco mi resi conto che mi sbagliavo.”. pp.74



“ …Gli esseri umani stando soli diventano fragili….non mi sono mai sentito cosi’ solo in vita mia. E’ stato terribile. Quindi vorrei che tra me e te ci sia un’unione piu’ forte. Vorrei la prova che anche se viviamo lontani, siamo comunque legati l’uno all’altra.” pp.81



” …se quella valigia fosse scomparsa, Izumi sarebbe rimasta l’unico legame con la mia vita precedente. E in quel caso, mi pareva, avrei perso di vista la mia stessa persona. …Era in un grosso guaio, la mia coscienza. Doveva tornare in Giappone e rientrare nel corpo originario. Ma si trovava su un aereo che stava sorvolando l’Egitto. Mi sembrava che il corpo di quel momento fosse fatto di stucco. Bastava grattare un po con le unghie per sgretolarlo. Si stava sbriciolando tutto…..Per tutto il tempo Izumi mi tenne la mano. Non diceva nulla, ma dava l’impressione di capire cosa stavo pensando.,,,,In quel momento farla finita era il mio unico desiderio….Come il tremito passo’, di colpo mi sentii molto leggero. Mi rilassai e mi abbandonai al trascorrere del tempo.”. pp.133







Ellroy e Allende
Ultimamente ho letto un paio di libri , usciti entrambi, almeno in Italia, nel 2015, che trattano, almeno per un tratto , dello stesso argomento: i giapponesi negli States durante la Seconda Guerra Mondiale. L’uno, Perfidia, di Ellroy, e l’altro, L’amante giapponese, di Isabelle Allende.

Scritture alquanto diverse. La prima, post-moderna, rapida, non solo rapida, veloce, a salti, balzi, crepacci, avanti un po, indietro, avanti tutta. Continue sequenze differenti, quadri che cambiano, interno/esterno dei personaggi. Sembra di guardare di continuo uno di quei monitor che sono nei gabbiotti del personale di sicurezza di una azienda o di un ufficio : sei-nove inquadrature differenti dei vari angoli caldi del palazzo : entrata, scala A, scala B, entrata garage, accesso alle scale, magazzino, angolo opposto, uscita sul retro. Nove immagini fisse, che per nessuna ragione al mondo daranno mai un’idea di insieme. Qualche movimento all’interno dei quadri, qualche volta la stessa persona prima appare in un quadro, dopo un po in un altro. Ma saranno sempre nove riquadri e mondi separati. Cosi’ i personaggi di Ellroy. Questo libro ha 882 pagine e racconta 25 giorni. Ellroy potrebbe scriverne 1500 per raccontare 24 ore, o 3000 per raccontare un’ora. Non sara’ mai un insieme.

La seconda, un scrittura mi vien da dire tardo-romantica…niente a che vedere aihme’ con la Isabelle Allende di La casa degli Spiriti…La storia e’ bella e ben trattata, solamente, con una certa lentezza. Anche qui pero’ c’e’ uno ‘spirito’ , vale a dire una persona che non compare mai in prima persona se non tramite alcuni brani di lettere, ma sempre raccontata ed alla fine anche dopo morta continua a vivere una certa intimita’ con il personaggio principale.

Il primo racconta dei venti giorni ( dal 5 al 29 dicembre 1941)  che hanno visto l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbour, di come reagirono alcuni americani e di quello che si prospettava per i giapponesi che vi vivevano.

Il secondo accenna solamente per una trentina di pagine allo stesso periodo, vedendolo in modo molto differente, per poi spaziare nella vita di alcun I personaggi, tenendo di fatto il giapponese essenzialmente come un'ombra su di un paravento sullo sfondo. Pochi punti in comune, quasi nessuno, se non quelle trenta pagine in cui velocemente si raccontano 4 anni.
Ellroy racchiude invece in 20 giorni una descrizione di una America che forse no ci si aspetterebbe, prima dell’entrata in guerra contro il nazismo ed i giapponesi. Un’america, quella che ci racconta, dove fascismo e nazismo avevano molti fans, molti sostenitori e, sembra,, fossero viste con una certa simpatia, e non solo per la loro funzione anti-comunista, ma quasi con una adesione istintiva al pensiero stesso. Non sapevo. Un po come scoprii tempo fa le forti simpatie fasciste di una buona parte di inglesi, prima della loro entrata in guerra.

I personaggi poi , be , non se ne salva uno. Personaggi che sono, qui, nel 1941, la versione giovanile di quelli raccontati da Ellroy in libri precedenti ma ambientati anni dopo. Come dire che erano gia’ marci, corrotti, o vanesi, confusi, o ancora arroganti ambiziosi e arraffattori fin dagli albori.  Tutta l’America che viene raccontata e’ di una superficialita’ allucinante, di una facilita’ di cambio di campo e di un cinismo senza limiti, in un tutti contro tutti alla ricerca di trarne il maggior profitto personale. Non se ne salva uno. O forse solo lui, Hideo Ashida, il poliziotto giapponese. Anche lui non e’ un puro, un santo, un eroe senza macchia e senza paura ( per fortuna), ma almeno non ti fa venire la nausea.
Per fortuna che Ellroy scrive da dio.



Tokyo, 20/2/16

Sunday, 14 February 2016

E' abitudine per chi va per templi, pellegrino credente o no che sia, di avere con se' un quadernetto dove raccogliere I vari sigilli.
Ogni tempio ha una reception dove monaci o impiegati appongono i sigilli commemorativi della visita, aggiungendovi calligraficamente col pennello una frase augurale e la data.
Prassi molto antica, nel lontano 1990 l'avevo vista praticare in Cina solo nel tempio del Monte Pushuo, vicino a Ninbo.

Qui i sigilli della mia visita ai templi di Nara, Jappone.











Nara, 11-14 Febbraio, 2016

Tuesday, 9 February 2016

Prima mostra di Primavera: 9/02/16 luogo: 798, Beijing

THE FIRST SPOON OF COLLECTION 2016: LI JIN