Friday, 19 February 2016


Joseph Roth, Le citta’ bianche, Adelphi, 1986.



 “…I ragni sono rimasti I miei animali preferiti. Di tutti gli insetti sono, con le cimici, I piu’ intelligenti. Se provvede a nutrirli. Tutti gli animali danno la caccia alla preda. Del ragno tuttavia si puo’ dire che e’ ragionevole e saggio nella misura in cui ha scoperto che dare disperatamente la caccia a tutti gli esseri viventi non serve a niente e che soltanto l’attesa e’ fruttuosa. …. La mia infanzia trascorse grigia in citta’ grigie. La mia giovinezza fu un servizio miltare grigio e rosso, una caserma, una trincea, un ospedale militare. Viaggiavo in paesi stranieri – ma erano paesi nemici. Mai avrei pensato, prima, di attraversare cosi’ rapidamente, cosi’ crudelmente, cosi’ selvaggiamente una parte del mondo con lo scopo di sparare, non con la voglia di vedere. Prima che iniziassi a vivere, il mondo intero era aperto di fronte a me. Ma quando cominciai a vivere, questo grande mondo si rivelo’ un deserto. Io stesso, con I miei coetanei, l’avevo distrutto. … Soltanto noi, soltanto la nostra generazione ha vissuto il terremoto, dopo aver fatto affidamento , fin dalla nascita, sulla assoluta stabilita’ della terra. Per tutti noi e’ stato come sedere in un treno, l’orario ferroviario in mano, per viaggiare il mondo. Ma una tempesta ha spinto lontano il nostro vagone, e in un attimo ci siamo trovati nel luogo in cui avremmo voluto recarci in dieci anni tranquilli, variopinti, pieni di incanto e di emozioni. Abbiamo saputo tutto prima ancora di sperimentare alcunche’. Eravamo preparati alla vita, e gia’ ci ha salutato la morte. …Ne sapevamo piu’ dei vecchi, pur essendo ancora gli infelici nipotini che i nonni prendevano in grembo per racconrare loro una storia. Da allora non credo ci sia possibile, orari ferroviari alla mano, salire su un treno….

Da quando sono stato in paesi nemici, non ce n’e’ piu’ nessuno in cui io mi senta straniero. Non vado piu’ all’”estero”. E’ un concetto, questo, che sembra risalire all’epoca delle carrozze! tutt’al piu’ io vado nel “nuovo”. E mi accorgo di averlo gia’ intuito. E non posso “riferirne”. Posso soltanto raccontare che cosa e’ successo in me e come l’ho vissuto…..”

“…Laggiu’ oltre il recinto, ci si trasforma di continuo. E’ quella che noi chiamiamo di solito ‘infedelta’’, per noi ogni adattamento e’ un pezzo di ‘tradimento’. Io oltre il recinto ho riguadagnato me stesso….Per le strade e in societa’ il mio aspetto e’ lo stesso che in casa. Si’, fuori io mi sento a casa. Conosco la dolce liberta’ di non mostrare nulla piu’ di me stesso. ……. Senno’ ci dicono che siamo ‘senza principi”. E’ tipico di un mondo limitato guardare con sospetto tutto cio’ che non puo’ essere definito……ho ritrovato le citta’ bianche cosi’ come le avevo viste in sogno…(pp. 11-17).





LIONE

… Tutto e’ calmo, nessuno si agita. Le ore sembrano scorrere piu’ silenziose e tranquille che altrove. Perfino le sorprese si fanno annunciare….La vita non ha un valore smisuratamente alto. La vita non vale di piu’ di una magra paga settimanale, di una bottiglia di vino a buon mercato, di un cinema di domenica. ...

… e io mi convinco che una citta’ che giace tra due fiumi sia abitata da gente per bene.  ( Cuneo…???nota mia). L’acqua e’ un elemento sacro….

( La cattedrale…) Ed io non ho mai visto  un monumento dei nostri giorni la cui grandiosita’ si unisca cosi’ intimamente alla delicatezza e la cui maesta’ si ritragga con tanta discrezione dietro la dolce emergenza dei particolari….



VIENNE

“In un museo di Lione vidi un quadro della nuova Vienne, un tempo citta’ romana:  giaceva tra le colline, qui scoscesa, la’ pianeggiante, sulle due rive del Rodano, e con tutta la sua grazia serbava tuttavia qualcosa della monumentalita’ romana, di quel tocco di eternita’ che Roma ha saputo imprimere a tutti i suoi edifici, monumenti, colonie….

…Qui vivevano I morti! In queste strade nessuno aveva piu’ a che fare con il mondo!...Per tutto il giorno le donne sedevano alla finetra, e accanto a loro, immobili come loro, erano accoccolati i gatti. I cani dormivano in mezzo alla strada e nessun veicolo disturbava il loro sonno. E io camminavo…  (oppure) sono stato soffiato attraverso questa citta’ come un alito di vento…

Cinquantotto anni prima della nascita di Cristo, Giulio Cesare fece  costruire l’enorme acquedotto. Circa cinquecento anni dopo Gundobado, il re dei Burgindi, irruppe nella citta’ e la conquisto’ passando per questo acquedotto. Il monumento ha aiutato la storia… ( be, non era un monumento allora, era un’opera pubblica utilizzata in silenzio tutti I giorni…).



TOURNON

… ho camminato per tre giorni consecutivi. Ho costeggiato il Rodano, senza cartina, senza guida e senza mai fermarmi se non per la notte. …



AVIGNONE

Daudet, il grande narratore provenzale, ha osservato acutamente che il sole cocente fa sembrare piu’ grandi gli oggetti. La luce forte getta ombre forti e aumenta il contrasto tra la parte illuminata del paesaggio e quella in ombra. Il sole amplifica e moltiplica i dettagli. Nei paesi nebbiosi dove il sole e’ pallido i dettagli si perdono ed e’ come se il cielo profondo e pesante schiacciasse tutto cio’ che si protende verso l’alto.  Ho sempre attraversato paesaggi nebbiosi…. Qui per la prima volta ho viaggiato con piacere.  Son riuscito a capire la felicita’ degli uomini che senza timore si abbandonano al proprio cammino. … Di una cosa soltanto sentivo la mancanza: del bosco….

Eppure per Avignone sarebbe impossibile stare in mezzo ai boschi. Avignone ha bisogno di luce….

Sono stati i papi a costruire queste fortezze. ...

E’  una citta’ medioevale, Avignone, o e’ una citta’ romana? E’ orientale o europea? … E’ una citta’ cattolica. E come questa religioni abbraccia tutti I popoli ( ???ebrei? arabi?indiani????)… Per cinque secoli ha regnato qui il gusto piu’ raffinato. Per cinque secoli si sono qui adunate tutte le tradizioni artistiche, politiche , letterarie.  Per cinque secoli hanno qui convissuto la nobilta’ spirituale e l’aristocrazia sociale dell’intera Europa. La popolazione originaria di questa regione apparteneva al popolo intelligente, abile e forte dei Celti. Ma furono I Fenici di Marsiglia, orientali che avevano  conosciuto la cultura greca, a fondare Avignone. Molte famiglie fenicie si stanziarono qui. Erano famiglie di mercanti. Ma mercanti che vissero in un’epoca in cui il commercio possedeva ancora qualcosa di eroico, e ogni affare,oltre a una finalita’ materiale, aveva altresi’ un significato storico, creava un legame tra i popoli, allargava gli orizzonti! Fu quella un’epoca gloriosa, nella quale i mercanti superarono di molto l’aristocrazia in vera cultura, in conoscenza del mondo e ampiezza di vedute, e in cui per stipulare un contratto ci voleva piu’ coraggio che per fare una Guerra.   In tale epoca, da un popolo di siffatti eroici commercianti, fu fondata Avignone….Ancora oggi gli abitanti di Avignone sono Fenici  per meta’: chiassosi, intraprendenti, intellettualmente vivaci, ottimi risparmiatori e cosmopoliti.



La storia vera e propria di Avignone inizia nel XII secolo…. E l’ancor piu’ antico ponte, la cui costruzione ebbe inizio nel1177. Era stato concepito soltanto per pedoni e cavalieri. Infatti e’ lungo 900 metri e largo 4 soltanto. Nel XIII sec. fu demolito. Oggi se vede soltanto mezzo ponte. Il suo ultimo pilastro poggia sull’isoletta nel mezzo del fiume. Ho visto una vecchia incisione a colori. Vi e’ raffigurata la tradizionale danza popolare sul ponte ( “sur le pont - d’Avignon – on y danse - on y danse; sur le pont - d’Avignon – on y danse – tout en rond…” ). Benche’ stretto a tal punto che un’incauta giravolta sarebbe bastata a renderlo pericoloso, questo ponte era la pista da ballo del popolo avignonese. Mi ha colpito che la gente venisse a ballare proprio nel punto in cui il ponte era piu’ stretto e piu’ pericoloso. Di sicuro gli avignonesi non se ne rendevano conto(!!!?) ed e’ probabile che non si accorgessero che stavano danzando letteralmente sull’abisso.  (???) E poi si prendevano gioco della morte. Saltellavano sull’acqua…. Nella vecchia incisione si puo’ vedere come i bambini, i borghesi, le donne, i mendicanti ed i monaci si tenessero per mano.  Che grande baraonda sotto la giurisdizione ecclesiastica!  Tutti conoscono il bel racconto di Daudet sull’asino del papa, e tutti sanno quanto fosse popolare nelle strade di Avignone il capo della Chiesa. … I papi infatti qui erano in vacanza. La storia definisce pomposamente la loro permanenza ad Avignone: cattivita’ babilonese dei papi….ma fu la cattivita’ piu’ piacevole che….

‘Roma – scrive Renan – era in realta’ la piu’ turbolenta delle repubbliche italiane. Il suo circondario era un deserto, pericoloso per ogni viandante…’. Clemente V emigro’ ad Avignone. Il suo successore, Giovanni XXII, inizio’ ad edificare e fece costruire le fortezze che, sotto il dominio di Benedetto XII, furono migliorate e quasi completate…….

Nei palazzi…ovunque le porte si nascondono. Non vogliono disturbare le pareti. L’ambiente e la sua armonia sono la cosa piu’ importante….

Nelle librerie di Avignone si vende il ritratto di Petrarca, che scelse la Provenza come patria d’elezione, che a vent’anni si stabili’ ad Avignone, citta’ natale di Laura, poi visse e poeto’ a Vaucluse e, dopo la morte dell’amata, si trasferi’ a Venezia dove fondo’ la biblioteca della citta’. In segno di riconoscenza, gli fu offerto di vivere in un castello.

Non credo alle coincidenze……Che ad Avignone sia vissuta la donna piu’ famosa di tutti i tempi, e’ qualcosa che a questa citta’ avrei potuto concedere fin dal primo istante in cui l’ho vista. Ancor oggi le donne….Io al posto del Papa, non mi sarei certo mosso di li’…… Ogni persona porta nel proprio sangue cinque diverse razze, antiche e recenti, e ogninindividuo e’ un mondo che ha origine in cinque diversi continenti. Ognuno capisce tutti gli altri, e la comunita’ e’ libera, non costringe nessuno a comportarsi in un determinato modo. Ecco qual’e’ il grado piu’ alto di assimilazione : ognuno resti com’e’, diverso dagli altri, straniero rispetto ad essi, se qui vuole sentirsi a casa propria…..

E l’’umanita’’ e’ l’essenza della cultura provenzale : il grande poeta Mistral, alla domanda di un dotto che gli chiedeva quali razze vivessero in questa parte del paese, rispose : « Razze ? Ma se di sole ce n’e’ uno solo ! ». … (pp.51-69).

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