Joseph
Roth, Le citta’ bianche, Adelphi, 1986.
“…I ragni sono
rimasti I miei animali preferiti. Di tutti gli insetti sono, con le
cimici, I piu’ intelligenti. Se provvede a nutrirli. Tutti gli animali danno la
caccia alla preda. Del ragno tuttavia si puo’ dire che e’ ragionevole e saggio
nella misura in cui ha scoperto che dare disperatamente la caccia a tutti gli
esseri viventi non serve a niente e che soltanto l’attesa e’ fruttuosa. …. La
mia infanzia trascorse grigia in citta’ grigie. La mia giovinezza fu un
servizio miltare grigio e rosso, una caserma, una trincea, un ospedale
militare. Viaggiavo in paesi stranieri – ma erano paesi nemici. Mai avrei
pensato, prima, di attraversare cosi’ rapidamente, cosi’ crudelmente, cosi’
selvaggiamente una parte del mondo con lo scopo di sparare, non con la voglia
di vedere. Prima che iniziassi a vivere, il mondo intero era aperto di fronte a
me. Ma quando cominciai a vivere, questo grande mondo si rivelo’ un deserto. Io
stesso, con I miei coetanei, l’avevo distrutto. … Soltanto noi, soltanto la
nostra generazione ha vissuto il terremoto, dopo aver fatto affidamento , fin
dalla nascita, sulla assoluta stabilita’ della terra. Per tutti noi e’
stato come sedere in un treno, l’orario ferroviario in mano, per viaggiare il
mondo. Ma una tempesta ha spinto lontano il nostro vagone, e in un attimo ci
siamo trovati nel luogo in cui avremmo voluto recarci in dieci anni tranquilli,
variopinti, pieni di incanto e di emozioni. Abbiamo saputo tutto prima ancora
di sperimentare alcunche’. Eravamo preparati alla vita, e gia’ ci ha salutato
la morte. …Ne sapevamo piu’ dei vecchi, pur essendo ancora gli infelici
nipotini che i nonni prendevano in grembo per racconrare loro una storia. Da allora
non credo ci sia possibile, orari ferroviari alla mano, salire su un treno….
Da quando sono stato in paesi nemici, non ce n’e’ piu’
nessuno in cui io mi senta straniero. Non vado piu’ all’”estero”. E’ un concetto,
questo, che sembra risalire all’epoca delle carrozze! tutt’al piu’ io vado nel
“nuovo”. E mi accorgo di averlo gia’ intuito. E non posso
“riferirne”. Posso soltanto raccontare che cosa e’ successo in me e come l’ho
vissuto…..”
“…Laggiu’ oltre il recinto, ci si trasforma di continuo.
E’ quella che noi chiamiamo di solito ‘infedelta’’, per noi ogni adattamento e’
un pezzo di ‘tradimento’. Io
oltre il recinto ho riguadagnato me stesso….Per le strade e in societa’ il mio
aspetto e’ lo stesso che in casa. Si’, fuori io
mi sento a casa. Conosco la dolce liberta’ di non mostrare nulla piu’ di me
stesso. ……. Senno’ ci dicono che siamo ‘senza principi”. E’ tipico di un mondo
limitato guardare con sospetto tutto cio’ che non puo’ essere definito……ho
ritrovato le citta’ bianche cosi’ come le avevo viste in sogno…(pp. 11-17).
LIONE
… Tutto e’ calmo, nessuno si agita. Le ore sembrano
scorrere piu’ silenziose e tranquille che altrove. Perfino le sorprese si fanno
annunciare….La vita non ha un valore smisuratamente alto. La vita non vale di
piu’ di una magra paga settimanale, di una bottiglia di vino a buon mercato, di
un cinema di domenica. ...
… e io mi
convinco che una citta’ che giace tra due fiumi sia abitata da gente per
bene. ( Cuneo…???nota mia). L’acqua e’ un
elemento sacro….
( La cattedrale…) Ed io non ho mai visto un monumento dei nostri giorni la cui
grandiosita’ si unisca cosi’ intimamente alla delicatezza e la cui maesta’ si
ritragga con tanta discrezione dietro la dolce emergenza dei particolari….
VIENNE
“In un museo di Lione vidi un quadro della nuova Vienne,
un tempo citta’ romana: giaceva tra le
colline, qui scoscesa, la’ pianeggiante, sulle due rive del Rodano, e con tutta
la sua grazia serbava tuttavia qualcosa della monumentalita’ romana, di quel tocco
di eternita’ che Roma ha saputo imprimere a tutti i suoi edifici, monumenti,
colonie….
…Qui vivevano I morti! In queste strade nessuno aveva
piu’ a che fare con il mondo!...Per tutto il giorno le donne sedevano alla
finetra, e accanto a loro, immobili come loro, erano accoccolati i gatti. I
cani dormivano in mezzo alla strada e nessun veicolo disturbava il loro sonno.
E io camminavo… (oppure) sono stato
soffiato attraverso questa citta’ come un alito di vento…
Cinquantotto anni prima della nascita di Cristo, Giulio
Cesare fece costruire l’enorme
acquedotto. Circa cinquecento anni dopo Gundobado, il re dei Burgindi, irruppe
nella citta’ e la conquisto’ passando per questo acquedotto. Il monumento ha aiutato la storia… ( be, non era un monumento allora, era
un’opera pubblica utilizzata in silenzio tutti I giorni…).
TOURNON
… ho camminato per tre giorni consecutivi. Ho costeggiato
il Rodano, senza cartina, senza guida e senza mai fermarmi se non per la notte.
…
AVIGNONE
Daudet, il grande narratore provenzale, ha osservato
acutamente che il sole cocente fa sembrare piu’ grandi gli oggetti. La luce
forte getta ombre forti e aumenta il contrasto tra la parte illuminata del
paesaggio e quella in ombra. Il sole amplifica e moltiplica i dettagli. Nei
paesi nebbiosi dove il sole e’ pallido i dettagli si perdono ed e’ come se il
cielo profondo e pesante schiacciasse tutto cio’ che si protende verso
l’alto. Ho sempre attraversato paesaggi
nebbiosi…. Qui per la prima volta ho viaggiato con piacere. Son riuscito a capire la felicita’ degli
uomini che senza timore si abbandonano al proprio cammino. … Di una cosa
soltanto sentivo la mancanza: del bosco….
Eppure per Avignone sarebbe impossibile stare in mezzo ai
boschi. Avignone ha bisogno di luce….
Sono stati i papi a costruire queste fortezze. ...
E’ una citta’
medioevale, Avignone, o e’ una citta’ romana? E’ orientale o europea? … E’ una
citta’ cattolica. E come questa religioni abbraccia tutti I popoli ( ???ebrei?
arabi?indiani????)… Per cinque secoli ha regnato qui il gusto piu’ raffinato. Per
cinque secoli si sono qui adunate tutte le tradizioni artistiche, politiche ,
letterarie. Per cinque secoli hanno qui
convissuto la nobilta’ spirituale e l’aristocrazia sociale dell’intera Europa.
La popolazione originaria di questa regione apparteneva al popolo intelligente,
abile e forte dei Celti. Ma furono I Fenici di Marsiglia, orientali che
avevano conosciuto la cultura greca, a
fondare Avignone. Molte famiglie fenicie si stanziarono qui. Erano famiglie di
mercanti. Ma mercanti che vissero in un’epoca in cui il commercio possedeva
ancora qualcosa di eroico, e ogni affare,oltre a una finalita’ materiale, aveva
altresi’ un significato storico, creava un legame tra i popoli, allargava gli
orizzonti! Fu quella un’epoca gloriosa, nella quale i mercanti superarono di
molto l’aristocrazia in vera cultura, in conoscenza del mondo e ampiezza di vedute,
e in cui per stipulare un contratto ci voleva piu’ coraggio che per fare una
Guerra. In tale epoca, da un popolo di siffatti eroici
commercianti, fu fondata Avignone….Ancora oggi gli abitanti di Avignone sono
Fenici per meta’: chiassosi, intraprendenti,
intellettualmente vivaci, ottimi risparmiatori e cosmopoliti.
La storia vera e propria di Avignone inizia nel XII
secolo…. E l’ancor piu’ antico ponte, la cui costruzione ebbe inizio nel1177. Era
stato concepito soltanto per pedoni e cavalieri. Infatti e’ lungo 900 metri e
largo 4 soltanto. Nel XIII sec. fu demolito. Oggi se vede soltanto mezzo
ponte. Il suo ultimo pilastro poggia sull’isoletta nel mezzo
del fiume. Ho visto una vecchia incisione a colori. Vi e’
raffigurata la tradizionale danza popolare sul ponte ( “sur le pont - d’Avignon
– on y danse - on y danse; sur le pont - d’Avignon – on y danse – tout en
rond…” ). Benche’ stretto a tal punto che un’incauta giravolta sarebbe bastata
a renderlo pericoloso, questo ponte era la pista da ballo del popolo
avignonese. Mi ha colpito che la gente venisse a ballare proprio nel punto in
cui il ponte era piu’ stretto e piu’ pericoloso. Di sicuro gli avignonesi non
se ne rendevano conto(!!!?) ed e’ probabile che non si accorgessero che stavano
danzando letteralmente sull’abisso.
(???) E poi si prendevano gioco della morte. Saltellavano sull’acqua….
Nella vecchia incisione si puo’ vedere come i bambini, i borghesi, le donne, i
mendicanti ed i monaci si tenessero per mano.
Che grande baraonda sotto la giurisdizione ecclesiastica! Tutti conoscono il bel racconto di Daudet
sull’asino del papa, e tutti sanno quanto fosse popolare nelle strade di
Avignone il capo della Chiesa. … I papi infatti qui erano in vacanza. La storia
definisce pomposamente la loro permanenza ad Avignone: cattivita’ babilonese
dei papi….ma fu la cattivita’ piu’ piacevole che….
‘Roma – scrive Renan – era in realta’ la piu’ turbolenta
delle repubbliche italiane. Il suo circondario era un deserto, pericoloso per
ogni viandante…’. Clemente V emigro’ ad Avignone. Il suo successore, Giovanni
XXII, inizio’ ad edificare e fece costruire le fortezze che, sotto il dominio
di Benedetto XII, furono migliorate e quasi completate…….
Nei palazzi…ovunque le porte si nascondono. Non vogliono
disturbare le pareti. L’ambiente e la sua armonia sono la cosa piu’
importante….
Nelle librerie di Avignone si vende il ritratto di
Petrarca, che scelse la Provenza come patria d’elezione, che a vent’anni si
stabili’ ad Avignone, citta’ natale di Laura, poi visse e poeto’ a Vaucluse e,
dopo la morte dell’amata, si trasferi’ a Venezia dove fondo’ la biblioteca
della citta’. In segno di riconoscenza, gli fu offerto di vivere in
un castello.
Non credo alle coincidenze……Che ad Avignone sia
vissuta la donna piu’ famosa di tutti i tempi, e’ qualcosa che a questa citta’
avrei potuto concedere fin dal primo istante in cui l’ho vista. Ancor oggi
le donne….Io al posto del Papa, non mi sarei certo mosso di li’…… Ogni persona
porta nel proprio sangue cinque diverse razze, antiche e recenti, e
ogninindividuo e’ un mondo che ha origine in cinque diversi continenti. Ognuno
capisce tutti gli altri, e la comunita’ e’ libera, non costringe nessuno a
comportarsi in un determinato modo. Ecco
qual’e’ il grado piu’ alto di assimilazione : ognuno resti com’e’, diverso
dagli altri, straniero rispetto ad essi, se qui vuole sentirsi a casa propria…..
E l’’umanita’’ e’ l’essenza della cultura provenzale :
il grande poeta Mistral, alla domanda di un dotto che gli chiedeva quali razze
vivessero in questa parte del paese, rispose : « Razze ? Ma
se di sole ce n’e’ uno solo ! ». … (pp.51-69).
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