J. Krishnamurti: Riflessioni sull’io ( pp.50-64)
PAURA
“…questa imitazione di cio’ che dovremmo essere genera
paura e la paura uccide il pensiero creativo. La paura ottunde la mente e il
cuore, impedendoci di essere svegli al senso globale della vita; diventiamo
insensibili alle nostre stesse sofferenze, al volo degli uccelli, ai sorrisi e
ai dolori degli altri. La paura, conscia e inconscia, ha cause diverse e
occorre una vigile attenzione per liberarsene”….(p.30)
“Cio’ che porta la liberta’ dalla paura, e vi assicuro
che e’ una liberta’ totale, e’ la consapevolezza della paura senza la parola,
senza cercare di negare la paura o di fuggirla, senza aspettare di essere in
uno stato diverso. Se siete consapevoli, con totale attenzione, del fatto che c’e’
paura, scoprirete che osservatore e osservato sono la stessa cosa, che non
c’e’ divisione. Non c’e’ un osservatore che dice:” Ho paura”, c’e’ solo la
paura senza la parola che denomina questo stato. La mente non fugge piu’, non
cerca piu’ di liberarsi dalla paura, non tenta piu’ di scoprirne la causa e
quindi non e’ piu’ schiava di questa parola. C’e’ solo un movimento di
conoscenza che e’ il risultato dell’’innocenza e una mente innocente non ha
paura.” [Saanen, sesto discorso
pubblico, 2 agosto 1962].
“Avete delle paure, fisiche o psicologiche? Se abbiamo
paure psicologiche, come le affrontiamo? Se ho paura di perdere la mia
posizione, il mio prestigio, dipendo dal pubblico, da voi, perche’ mi
sosteniate. Dipendo da voi per sentirmi vivificato parlandovi. E ho paura,
invecchiando e perdendo le mie facolta’ mentali, di non riuscire piu’ a far
fronte alle cose. Ne ho paura. Oppure ho paura
di dipendere da voi. La dipendenza mi rende 44attaccato a voi e ho paura
di perdervi. Ho paura di qualcosa che ho fatto in passato e di cui mi pento o
mi vergogno; non voglio che voi veniate a saperlo e cosi’ ho paura che lo
scopriate. Oppure provo un’ansia terribile riguardo alla morte, alla vita, a
quello che dicono gli altri, a quello che non dicono gli altri, al modo in cui
mi vedono; un senso profondo di rovina, angoscia , un senso di inferiorita’; e
cosi’ vivo una vita priva di senso.
A causa della mia ansia cerco sicurezza in qualcuno, in
un rapporto, oppure cerco sicurezza in una certa credenza, un’ideologia, in Dio
e cosi’ via. E ho paura di non riuscire a fare tutto quello che vorrei fare in
questa vita. Non ne ho la capacita’, o l’intelligenza, ma sono terribilmente
ambizioso rispetto qualcosa che voglio raggiungere. E cosi’, anche questo mi fa
paura. Poi, ovviamente, ho paura della morte, ho paura di restare da solo, di
non essere amato; percio’ voglio cercare un rapporto con un’altra persona in
cui non ci sia questa paura, quest’ansia, questo senso di solitudine, questa
separazione. E ho paura del buio, tutte le nostre innumerevoli paure
nevrotiche.
Che cos’e’ questa paura? Perche’ c’e’ questa paura? Si
fonda sul non voler venire feriti, adesso e in futuro? Oppure e’ perche’
vogliamo la totale sicurezza e, non riuscendo a trovarla in termini materiali,
emotivi, psicologici e intellettuali, non riuscendo a trovare questo senso di
totale sicurezza e protezione, diventiamo terribilmente ansiosi nei confronti
del vivere?
La paura e’ uno dei nostri principali problemi, che ne
siamo consapevoli o no. Che cerchiamo di fuggirla, di nasconderla, di
resistervi, di sviluppare coraggio, e cosi’ via, c’e’ sempre paura. La mente e’ cosi’ delicata, cosi’ sensibile,
che non vuole venire ferita, dall’infanzia in avanti. Percio’, non volendo
venire ferita, innalza un muro e noi diventiamo molto timidi o aggressivi.
Prima che voi mi attacchiate io sono pronto ad attaccare voi, a parole, con il
pensiero, perche’ sono cosi’ sensibile, ho ricevuto cosi’ tante ferite nella
vita, nell’infanzia. In ufficio, in fabbrica, tutti calpenstano tutti e io
non voglio venire ferito. E’ questa una delle cause della paura? Siete stati
feriti, non e’ vero? A causa di queste ferite facciamo ogni tipo di cose,
facciamo una forte opposizione, non vogliamo lasciarci turrbare. A causa di
questo senso di ferita ci afferriamo a qualcosa che speriamo ci protegga. E
cosi’ divento aggressivo nei confronti di tutto cio’ che minaccia quello a cui
mi attacco perche’ mi dia protezione.
Che cos’e’ che, in quanto esseri umani, vi fa paura? E’
una paura fisica? Paura del dolore fisico? O una paura psicologica di pericolo?
Dell’insicurezza? Di venire feriti dinuovo? Di non riuscire a trovare totale sicurezza
e certezza? Paura che nasce dal non voler essere dominati, e cio’ nonostante
siamo dominati? Che cos’e’ che in quanto umani vi fa paura? Siete consapevoli
della vostra paura?” [ Saanen, quarto
dialogo pubblico, 7 agosto 1971]
Cerchiamo quindi di scoprire se il dolore e la paura
possono finire. La ricerca del piacere e’ eterna, infinita: non solo del
piacere sessuale ma anche del piacere di diventare qualcosa, il piacere di ottenere,
il piacere di provare attaccamento per qualcuno, che sia attaccamento ad una
persona, un’idea o una conclusione. Ma, mentre inseguite il piacere, lo
accompagna sempre l’ombra della paura. Dove c’e’ paura c’e’ dolore. La paura
non e’ separata dal dolore, vanno insieme, sono interconnessi; percio’ dobbiamo
affrontarli globalmente, non separatamente. Dovete affrontarli in modo globale,
non in modo frammentario. Se li affrontate in modo frammentario, non li risolverete
mai.
L’avidita’, il dolore, la sofferenza sono un movimento
della vita, un totale movimento della vita, non qualcosa di diverso dalla vita.
E’ la nostra vita quotidiana. Per scoprire se c’e’ una fine a tutto questo,
alla pena, al conflitto, al dolore, alla sofferenza e alla paura, dobbiamo
prima percepirli, dobbiamo riuscire ad esserne consapevoli. Percio’
dobbiamo comprendere che cos’e’la percezione, come guardare tutto cio’. La mancanza, la solitudine, l’ansia,
l’insicurezza e la sofferenza sono diverse dall’osservatore, o tutto questo
sono l’osservatore?
Abbiamo separato il ‘me’ che osserva da cio’ che
osserva. Dico che sto soffrendo e dico a me stesso che la sofferenza deve
finire; e per mettervi fine devo
reprimerla, devo fuggirla, devo seguire un determinato sistema. Cosi’ mi rendo
diverso dalla paura, dal piacere, dal dolore e dalla sofferenza. Ma siete
qualcosa di diverso da tutto cio’? Potreste pensare che in voi c’e’ qualcosa di
completamente differente da tutto questo; ma, se lo pensate, fa parte del vostro
pensiero e quindi in esso non c’e’ niente di sacro. L’osservatore e’ davvero
diverso dall’osservato?
Non cadete nell’assurdo. Se vedete un albero e vi
chiedete ;’sono diverso da quell’albero?’, lo siete, mi auguro. Ma quando siete
arrabbiati, invidiosi, brutali, violenti, non siete forse tutto questo? Considerate
l’importanza di questo fatto. Abbiamo diviso l’osservatore dall’osservato. Cio’
significa che c’e’ una divisione e quindi c’e’ conflitto. Lo controllate, lo
reprimete, lo combattete; ma se lo siete, se voi siete il dolore, se
voi siete la paura, se voi siete il piacere, siete tutto questo agglomerato. Vedere questo fatto e’ una enorme
verita’. Allora non c’e’ piu’ divisione e quindi non c’e’ piu’ conflitto.
Allora l’osservatore e’ l’osservato. Avviene cosi’ un’azione completamente
diversa, avviene un’attivita’ chimica totalmente diversa.
Non si tratta di riuscire a vederne la verita’
intellettualmente, non e’ un concetto intellettuale di verita’, ma e’ il fatto che non siete diversi dalle
vostre qualita’. Non siete diversi
dalla vostra rabbia, gelosia e odio: voi siete
tutto cio’. Sapete che cosa accade se lo comprendete non verbalmente, ma dentro
di voi? Scopritelo. Non saro’ io a dirvelo! Guardate come funzione la vostra
mente: volete che sia io a dirvelo, non volete scoprirlo da soli. Se ve lo
dicessi, lo riterreste giusto o sbagliato, e passereste ad altro. Scoprite
invece da voi la verita’ di cio’: che l’osservatore e’ l’osservato, che cio’
che vede e’ cio’ che e’ visto.
Se guardate la luna piena, la luna non e’ voi, a meno che
non siate lunatici. Ma siete il fascio totale della vostra coscienza. Il
contenuto della vostra coscienza e’ cio’ che voi siete, e il contenuto della
coscienza e’ creato dal pensiero. Scoprite non la fine del pensiero, ma come
osservarne I contenuti. Se osservate senza divisione, avviene un’azione
completamente diversa. Dove c’e’ amore non c’e’ osservatore, non c’e’ un voi e
un altro che amate; c’e’ solo la qualita’ dell’amore.” [Bombay, terzo
discorso pubblico, 29 gennaio, 1983].
Krishnamurti: Sarebbe
bello, no? Portati via tutte le mie paure cosi’ che possa godermi in pace i
miei piaceri. Tutti a questo mondo vogliono la stessa cosa, alcuni
direttamente, brutalmente, altri sottittilmente, astutamente: fuggire la paura,
e aggrapparsi al piacere. Il piacere: voi fumate, e’ un piacere, pure vi si
nasconde la sofferenza, perche’ potete buscarvi una malattia. Avete avuto il
piacere, come uomo o come donna, sessualmente o altrimenti. Il benessere,
eccetera: quando l’altro sembra distante, distaccato, voi siete gelosi, vi
adirate, vi sentite frustrati, mutilati.
Il piacere porta inevitabilmente il dolore ( non stiamo dicendo
che non possiamo avere il piacere); ma vedete l’intera struttura e saprete
allora che la gioia, il vero godimento, la bellezza del godimento, la sua
liberta’ non ha nulla a che fare con il piacere e quindi con il dolore o la
paura. Se vedrete cio’, la verita’ di cio’, allora capirete il piacere e gli
darete il giusto posto.
I.: Ci sono
paure utili, se non altro alla sopravvivenza?
K.: Certo.
Quando vi trovate davanti ad un pericolo fisico, la risposta naturale e’
proteggersi. E’ la sopravvivenza fisica: ma si tratta di paura o di
intelligenza? Tuttavia noi non
applichiamo questa stessa intelligenza alle paure interiori, psicologiche. Molto semplicemente: il mondo si e’ diviso in
nazionalita’ e gruppi religiosi e politici. Tale divisione provoca guerra, odio.
E questa guerra ci sta distruggendo, nonostante noi pensiamo di trarre
sicurezza dal nazionalismo. Quando uno si rende conto di tutto questo,
l’intelligenza assume un’importanza straordinaria. E voi sapete quando questo
tipo di intelligenza e’ in azione, e puo’ accadere solo quando non c’e’ paura. [Al di la’ della violenza,
Roma, p.62 ( San Diego State College, secondo discorso pubblico, 6 aprile
1970)].
Mary Zimbalist: C’e’ un
punto di cui lei ha parlato tante volte, ma che continua a ritornare nelle domande
e nell’interesse delle persone, ed e’ la paura. Vuole parlarne ancora?
K.: E’ un
argomento molto complesso. Esige realmente una forte capacita’ di indagine, perche’
e’ molto sottile, variegato e astratto. Ma e’ anche
molto reale, benche’ lo trasformiamo in un’astrazione. C’e’ la realta’
della paura e l’idea della paura, che e’ la paura trasformata in un’idea
astratta. Percio’ dobbiamo fare molta chiarezza su cio’ di cui stiamo parlando:
l’idea astratta di paura o la paura reale. Lei e io, e tutti coloro che siedono
qui con noi, in questo momento non abbiamo paura. Non c’e’ nessun senso di
pericolo, di timore. In questo momento non c’e’ paura.
Quindi, la paura e’ tanto un’astrazione, un’idea, una
parola, quanto un fatto. Vediamo in primo luogo questi due aspetti. Perche’ in
genere trasformiamo le cose in astrazioni? Perche’ vediamo qualcosa di reale e
poi lo trasformiamo in un’idea? Perche’ l’idea e’ piu’ facile da inseguire? O
perche’ l’ideale e’ il nostro condizionamento? Siamo stati educati alle idee, o
nelle idee, e non ad affrontare I fatti? Perche’? Perche’ gli esseri umani in
tutto il mondo trattano con astrazioni? Cio’ che dovrebbe essere, che deve
essere, che avverra’, eccetera; tutto questo mondo di ideazioni e di ideologie;
che sia l’ideologia comunista fondata da Marx e Lenin, oppure le idee
capitaliste del cosiddetto libero mercato; o tutto il mondo dei concetti, dei
credo e delle idee religiose, e l’elaborazione teologica di queste idee. Perche’ le idee, gli ideali sono diventati
cosi’ straordinariamente importanti? Sin dagli antichi Greci, e ancora prima
dei Greci, le idee hanno prevalso. E ancora oggi le idee, gli ideali, separano
gli uomini e creano guerre di ogni tipo. Perche’ il cervello degli esseri umani
funziona in questo modo?
E’ perche’ non sanno affrontare I fatti e quindi si
rifugiano astutamente nelle idee? Se vediamo che le idee sono fattori molto
divisivi, che creano attrito, che dividono le comunita’, le nazioni, I gruppi,
le religioni, e cosi’ via, vediamo che le idee, i credo, la fede e tutto questo
si basano sul pensiero. Ma i fatti, che cosa sono i fatti? Che cos’e’
esattamente un fatto, non un’opinione riguardo a un fatto o un’opinione
trasformata in fatto?
M.Z.: Che cos’e’
il fatto della paura?
K.: Ci sto
arrivando. Prima dobbiamo porre la distinzione tra l’idea della paura,
l’astrazione della parola ‘paura’, e la paura reale. La paura reale e’ il
fatto, non la sua astrazione. Se abbandoniamo l’astrazione, possiamo affrontare
il fatto. Ma se le due cose continuano a procedere in modo parallelo, c’e’ conflitto
tra le due cose. Voglio dire che l’idea, l’ideologia, predomina sul
fatto e altre volte il fatto predomina sull’idea.
M.Z.: Molti
direbbero che il fatto della paura e’ un’emozione dolorosa.
K.: Osserviamo
il fatto ( e ci sto arrivando), il fatto della paura reale, e rimaniamo con
questo fatto, cosa che richiede una grande disciplina interiore.
M.Z.: Puo’
specificare che cosa intende con ‘rimanere con il fatto della paura’?
K.: E’ come
tenere in mano un gioiello, il complesso lavoro di un artista che ha prodotto
questo straordinario gioiello. Lo guardiamo, non lo condanniamo, non
diciamo:”Che meraviglia!” e ci rifugiamo subito nelle parole, ma continuiamo a
guardare questa cosa meravigliosa creata da mani umane, da abili dita e dal
cervello che ha prodotto tutta la cosa. Lo guardiamo, lo
osserviamo. Lo giriamo, lo osserviamo da tutti i lati,davanti dietro e di
fianco. Lo teniamo li’.
M.Z.: Intende
percepirlo con grande attenzione, grande intensita’, grande sensibilita’?
K.: con attenzione, proprio cosi’.
M.Z.: Lo
sentiamo perche’ e’ un’emozione.
K.:
Naturalmente. Abbiamo una sensazione di bellezza. La sensazione di un disegno
molto complesso, la luce, la brillantezza, il fulgore delle gemme e cosi’ via.
Possiamo rimanere con il fatto della paura, guardarla in questo stesso modo,
senza dire:” Non mi piace la paura” e diventare nervosi, apprensivi,
reprimerla, controllarla, negarla o passare a qualcos’altro? Se riusciamo a
farlo, rimanendo semplicemente con la paura, la paura diventa un fattore reale,
presente, che ne siamo coscienti o no; e anche se l’abbiamo nascosta molto,
molto in profondita’, e’ sempre li’.
Allora possiamo chiedere, con grande attenzione e
cautela, che cos’e’ la paura? Perche’ gli esseri umani, dopo questa immensa
evoluzione, vivono ancora nella paura? E’ qualcosa che puo’ venire rimosso,
asportato come un male, un cancro o
qualunque altra terribile malattia dolorosa? E’ qualcosa che si puo’
operare? Il che presuppone un’entita’ in grado di intervenire, ma questa stessa
entita’ e’ un’astrazione che cerca di
agire sulla paura; e questa entita’ e’ irreale. Cio’ che e’ reale e’ la paura.
Richiede una profonda attenzione non cadere
nell’astrazione di un qualcuno che dice:” sto osservando la paura”, o “Devo
sconfiggere la paura o controllare la paura”, e cosi’ via. Cio’ che osserva e’
anch’esso un prodotto della paura. Se questo e’ chiaro, se e’ chiaro che
l’osservatore, per usare questo vecchio modo di esprimersi, che l’osservatore
e’ l’osservato, che il pensatore e’ il pensato, che l’agente e’ l’azione, non
c’e’ piu’ divisione. E se non c’e’
divisione ( un fatto straordinario da comprendere, un fatto, non un’idea che
devo capire, il fatto straordinario che non c’e’ divisione tra osservatore e
osservato ), non c’e’ conflitto. Il conflitto c’e’ quando c’e’ un
osservatore diverso dall’osservato, cosa che fa la maggior parte di voi,
vivendo cosi’ in un perenne conflitto. Questo invece e’ diverso.
Possiamo guardare la paura e nell’atto stesso di
guardare, di osservare, iniziare a scoprire l’origine della paura, il suo
inizio, la sua causa? Perche’ l’atto stesso del guardarla e’ vedere come si
forma. Non analizziamo la paura, perche’ l’analizzatore e’ la cosa analizzata; non
sezioniamo la paura, ma l’osservazione ravvicinata e delicata rivela il
contenuto della paura e il contenuto e’ l’origine, l’inizio, la causa. Dove
c’e’ causa c’e’ una fine. La causa non puo’ mai essere diversa dall’effetto. Nell’osservazione,
nel guardare, la causa si rivela.
M.Z.: La causa
di cui lei parla non e’ quella di una paura individuale, particolare,vero? Lei
parla della causa della paura stessa.
K.: Della
paura stessa, non delle varie forme di paura. Scoprire come infrangere la
paura. Fa parte della nostra cultura esaminare un frammento della paura e
quindi occuparci solo di un tipo di paura, non dell’intero albero della paura.
Non un ramo specifico, non una foglia specifica, ma l’intera paura, la
struttura, la qualita’ della paura. Osservandola da vicino, guardandola, in
questo stesso guardare si rivela la sua causa. Non analizziamo per scoprire la
causa, ma l’osservazione stessa rivela la causa, che e’ il tempo ed il
pensiero. E’ ovvio. In questo modo diventa molto semplice. Tutti concorderanno
sul fatto che si tratta del tempo e del pensiero. Se non vi fosse il tempo ne’
il pensiero, non vi sarebbe paura.
M.Z.: Puo’
parlarne piu’ diffusamente? Molti pensano che vi sia qualcos’altro. Come posso
dire? Non vedono che il futuro non esiste, pensano :” Ho paura” in dipendenza
di una causa, non vedono il coinvolgimento del fattore tempo.
K.:
Penso che sia molto semplice. Se non esistesse il tempo, se non si dicesse :” Ho
paura per una cosa che ho fatto nel passato, per un dolore che ho sofferto in
passato, perche’ qualcuno mi ha ferito e non voglio piu’ essere ferito…”.Tutto
questo e’ il passato, il bagaglio che e’ il tempo. Poi c’e’ il futuro”. Adesso sono questo ma
moriro’, perdero’ il lavoro, mia moglie si arrabbiera’ con me”, e cosi’ via.
C’e’ questo passato ed il futuro, e noi siamo imprigionati tra le due cose.
Il passato e’ in rapporto al futuro, il futuro non e’
separato dal passato: e’ un movimento di modificazione dal passato al futuro,
al domani. Questo e’ il tempo: il movimento del passato, cio’ che
sono stato nel passato e cio’ che saro’ in futuro, questo continuo divenire. Anche
questo e’ un problema complesso che per il momento non toccheremo. Questa puo’
essere la causa della paura: il divenire.
Quindi, il tempo e’ un fattore fondamentale della paura.
Non c’e’ dubbio. Oggi ho un lavoro, oggi ho dei soldi, ho un tetto sulla testa,
ma domani o tra centinaia di domani potrei trovarmi senza tutto questo a causa
di un incidente, un incendio, la mancanza di un’assicurazione e cosi’ via.
Tutti questi fattori sono il tempo. Non e’ la fine del tempo, vediamo che la
paura fa parte del tempo. Non chieda:” Posso mettere fine al tempo”, perche’ e’
una domanda stupida. Mi perdoni se ho usato il termine ‘stupida’.
Anche il pensiero e’ un fattore della paura. Il pensiero ‘sono stato’, ‘sono ma non potro’
essere’. Il fattore del pensiero, che e’ limitato. Questo e’ un altro punto
importrante. Il pensiero e’ limitato perche’ si basa sulla conoscenza, la
conoscenza e’ sempre cumulativa e cio’ che vi viene aggiunto e’ sempre
limitato. Percio’ la conoscenza e’ limitata, il pensiero e’ limitato perche’ il
pensiero si fonda sul conosciuto, sulla memoria e cosi’ via.
Il pensiero e il tempo sono i fattori centrali della
paura. Il pensiero non e’ separato dal tempo. Sono un’unica cosa, non sono
divisi, non sono separati. Questi sono fatti. Questa e’ la causa della paura.
E’ un fatto, non un’idea, non un’astrazione che il pensiero ed il tempo e’ la causa della paura. Non sono, ma e’: al singolare.
Allora uno si chiede: come posso fermare il tempo e il
pensiero? Perche’ ha l’intenzione, il desiderio, l’anelito di essere libero
dalla paura. Cosi’ rimane imprigionato nel suo stesso desiderio di liberta’ e
non guarda con grande attenzione la causa. Guardare implica
uno stato del cervello in cui non c’e’ movimento. E’come osservare un
uccello: se osserviamo un uccello da vicino ( come la colomba che questa mattina
si e’ posata sul davanzale ) ne vediamo le penne, gli occhi rossi, la luce
negli occhi, il becco, la forma della testa, le ali. Guardiamo con grande
attenzione e cio’ che guardiamo con grande attenzione rivela non solo la causa,
ma anche il fine della cosa che stiamo guardando.
Questo guardare e’ straordinariamente importante. Possiamo
chiederci come mettere fine al pensiero, come essere liberi dalla paura o che
cos’e’ il tempo, con tutte le implicazioni di queste domande, ma se guardiamo
la paura senza trasformarla in astrazione e’ il vero adesso, perche’ l’adesso
contiene tutto il tempo. Il presente contiene il passato, il futuro e il
presente. In questa qualita’ del presente possiamo ascoltare con grande
attenzione, non solo attraverso l’ascolto delle orecchie, ma ascoltare la
parola e andare oltre la parola per vedere la reale natura della paura. Allora
non stiamo soltanto leggendo sull’argomento della paura; nell’osservazione, la
paura diventa straordinariamente bella, sensibile, viva.
Tutto cio’ richiede una straordinaria capacita’ di attenzione, perche’
nell’attenzione non c’e’ l’attivita’ dell’io. Sono gli interessi egoici della
nostra vita che producono la paura.
Il senso dell’io e le mie preoccupazioni, la mia felicita’, il mio successo,
il mio fallimento, i miei ottenimenti; sono questo, non sono questo; tutta questa
osservazione centrata sull’io con tutte le sue manifestazioni di paura,
disperazione, depressione, dolore, ansia, aspirazioni e sofferenze, tutto
questo e’ interesse egoico. Che sia in nome di Dio, in nome
della preghiera o in nome della fede, e’ interesse egoico. Dove c’e’
intreresse egoico c’e’ per forza paura e tutte le conseguenze della paura.
Allora ci si chiede:
e’ possibile vivere in questo mondo in cui l’interesse egoico predomina,
che si tratti del mondo totalitario, con il suo volere e detenere il potere, o
del mondo capitalista, che ha anch’esso il suo potere? L’interesse egoico e’
predominante, tanto nel mondo gerarchico della religione cattolica che nel
mondo di qualunque religione, l’interesse egoico e’ predominante e percio’
perpetuano la paura. Anche se parlano di pacem in terris, di vivere in pace su
questa terra, non lo intendono davvero, perche’ l’interesse egoico, col suo
desiderio di potere, posizione, appagamento, e cosi’ via, e’ il fattore che sta
distruggendo non solo il mondo, ma anche le straordinarie capacita’ del
cervello.
Il cervello ha capacita’ straordinarie, come rivela il
mondo tecnologico, le cose straordinarie che sta facendo. Ma non applichiamo mai queste
straordinarie capacita’ all’interno per essere liberi dalla paura, per mettere
fine alla sofferenza, per scoprire con l’intelligenza che cos’e’ l’amore e la
compassione. Non indaghiamo, non esploriamo mai questo ambito; siamo
imprigionati nel mondo con tutte le sue miserie. [Brockwood Park, seconda
conversazione con Mary Zimbalist, 5 ottobre 1984].
Che cos’e la paura? Non stiamo trattando con idee, con
parole. Stiamo trattando con la vita, con cio’ che accade all’interno e
all’esterno, il che richiede una mente molto chiara, affilata e precisa. Non
potete essere sentimentali o emotivi riguardo a queste cose. Per comprendere la
paura occorre chiarezza; non chiarezza su qualcosa da ottenere ma la chiarezza
che nasce quando comprendete che il fatto e’ infinitamente piu’ importante di
qualunque idea. Che cos’e’ la paura, e non la paura di qualcosa? Esiste una
paura di per se’, oppure la paura e’ sempre collegata a qualcosa? C’e’ la
paura?
Prendero’ ad esempio la morte ( voi potete usare
l’esempio che preferite). C’e’ paura se no c’e’ pensiero, cioe’ se non vi fosse
il tempo? Tutti hanno paura della morte. Per quanto cerchino di
razionalizzarla, quali che siano le loro credenze, c’e’ paura della morte.
Questa paura e’ causata dal tempo: non dalla morte, ma dal tempo. Il tempo e’
l’intervallo tra adesso e cio’ che accadra’, il che e’ il processo del pensiero
che crea la paura dell’ignoto. E’ la paura dell’ignoto o la paura di
abbandonare le cose che conosciamo?
Abbiamo paura della morte. Non stiamo parlando della
morte o di cio’ che accade dopo la morte; stiamo parlando della paura in
relazione alla morte. Mi chiedo: questa paura e’ causata da qualcosa che non
conosco? Ovviamente non conosco la morte. Posso conoscerla, ma non e’ questo il
punto in questione. Posso indagare, scoprire la bellezza o la bruttezza o lo
spavento, lo stato straordinario che deve essere la morte.
La paura relativa alla morte e’ causata dalla morte,
ovvero dall’essere di fronte all’ignoto? O e’ causata dalle cose che so che mi verranno tolte? La paura
riguarda le cose che mi verranno tolte, il ‘me’ che scompare nell’oblio.
Percio’ inizio a proteggermi attraverso tutte le cose che conosco e vivo piu’
intensamente in esse, mi afferro alle cose invece di diventare consapevole
dello sconosciuto.
Di che cosa ho paura?
Non di essere di fronte all’ignoto, ma di dover affrontare qualcosa che
potrebbe accadermi quando mi verranno tolte le cose che ho care, che mi sono
vicine. E’ di questo che ho paura, non della morte. Ma che cos’ho in realta’, e non in teoria? Non so se vi siate
mai posti questa domanda fondamentale per scoprire che cosa siete.
Vi siete posti questa domanda e avete trovato una
risposta? C’e’ una risposta? Se c’e’ una risposta, non e’ nei termini di quello
che conoscete gia’. Quello che conoscete e’ il passato, il passato e’ il tempo
e il tempo non e’ ‘voi’. Il ‘voi’ cambia. Una cosa viva non genera mai paura.
E’ la cosa passata, o la cosa che dovrebbe essere, che produce paura.
Siamo intrappolati nelle parole. Perche’ e’ diventata
importante la parola e non la cosa? Perche’ potete giocare con le idee, ma non
potete giocare con il fatto. Siamo schiavi delle parole. Quindi, per
comprendere la paura, deve esserci consapevolezza della parola e del contenuto
della parola, il che significa che la mente deve essere libera dalle parole. La
liberta’ dalle parole e’ uno stato straordinario. Essere consapevoli del
simbolo, della parola, del nome, e’ consapevolezza del fatto in una maniera diversa,
se posso usare questa parola.
Sono consapevole del fatto della paura attraverso la
parola e so perche’ la parola viene in essere. E’ una fuga, e’ tradizione, e
l’ambiente in cui sono stato allevato: negare la paura e sviluppare il
coraggio, il suo opposto. E tutto il resto. Quando comprendo tutte le
implicazioni della parola c’e’ la consapevolezza del fatto, che e’ qualcosa di
completamente diverso. [Varanasi, quinto discorso pubblico, 10 gennaio 1962].
Questo mondo non ha bisogno di politici o di altri ingegneri,
ma di esseri umani liberi. Ingegneri e scienziati possono essere necessari, ma
a mio parere il mondo ha bisogno di esseri umani liberi, creativi, che non
hanno paura, mentre la maggior parte di noi e’ mossa dalla paura. Se scendete
in profondita’ nella paura e la comprendete realmente, scoprirete l’innocenza e
quindi la mente sara’ chiara. Questo e’ cio’ di cui abbiamo bisogno e per
questo e’ molto importante capire come guardare un fatto, come guardare la
paura. Questa e’ la totalita’ del problema: non come sbarazzarsi della
paura, non come diventare coraggiosi, non che cosa fare riguardo alla paura, ma
rimanere pienamente con il fatto.
Volete essere pienamente, totalmente nell’onda del
piacere, non e’ vero? E lo siete. Quando siete nel momento del piacere non
c’e’ condanna, giustificazione o rifiuto. Non c’e’ il fattore tempo nel momento
in cui provate piacere fisico, sensoriale; tutto il vostro essere vibra assieme
ad esso. Non e’ forse cosi’? Quando siete nel momento dell’esperienza non c’e’ il
tempo. Quando siete profondamente
arrabbiati, o quando siete pieni di desiderio, non c’e’ il tempo. Il tempo,
e il pensiero, interviene solo dopo il momento dell’esperienza, quando dite
:”Che bello!” o “Che orrore!”. Se e’ stato bello, ne volete ancora; se e’
stato orribile, spaventoso, cercherete di evitarlo; e cosi’ cominciate a
spiegare, a giustificare o condannare, tutti fattori del tempo che vi
impediscono di guardare il fatto.
Avete mai guardato la paura? Vi prego,
ascoltate questa domanda attentamente. Avete mai
guardato la paura? O, nel momento in cui siete consapevoli della paura, siete
gia’ in uno stato di fuga dal fatto? Lo approfondiro’ meglio e capirete che
cosa sto dicendo.
Noi denominiamo, diamo un nome alle nostre sensazioni.
Dicendo:” Sono arrabbiato”, abbiamo dato un nome, una definizione,
un’’etichetta’ ad una particolare sensazione. Vi prego, osservate
la vostra mente con chiarezza. Quando provate una sensazione le date un nome e
la chiamate rabbia, lussuria, amore o piacere. Non fate cosi’? Questo denominare
la sensazione e’ un processo dell’intelletto che vi impedisce di guardare il
fatto, ovvero la sensazione.
Se vedete un uccello e vi dite che e’ un pappagallo, un
piccione o un corvo, non state vedendo l’uccello. Avete gia’ smesso di guardare
il fatto, perche’ la parola ‘pappagallo’, ‘piccione’ o ‘corvo’ si e’ interposta
tra voi e il fatto.
Non si tratta di nessuna ardua prodezza intellettuale, ma
di un processo della mente che va semplicemente compreso. Se volete calarvi
nel problema della paura, nel problema
dell’autorita’, nel problema del piacere o nel problema dell’amore, dovete vedere che dare un nome, applicare
un’etichetta, vi impedisce di guardare il fatto. Capite?
Vedete un fiore e dite che e’ una rosa, e nel momento in
cui lo denominate la vostra mente si distrae: non date piu’ la vostra piena
attenzione al fiore. Percio’ denominare, etichettare, verbalizzare e applicare
simboli impedisce la totale attenzione al fatto.
Puo’ la mente, che e’ drogata dai simboli e la cui paura
stessa e’ la verbalizzazione, smettere di verbalizzare e guardare il fatto? Non
chiedete “Come si fa?”, ma ponete la domanda a voi stessi. Ho una sensazione e
la chiamo paura. Dandole un nome l’ho collegata al passato; e cosi’ la memoria,
la parola, il simbolo impedisce di vedere il fatto.. Puo’ la mente, il cui
processo del pensiero e’ quello di verbalizzare, di applicare nomi, guardare il
fatto senza denominarlo? Dovete scoprirlo da voi, non posso dirvelo io. Se ve
lo dicessi, e se voi lo faceste, stareste seguendo un altro e non sarete mia
liberi dalla paura. L’importante e’ essere totalmente liberi e non esseri umani
semi-morti, persone corrotte e infelici che hanno eternamente paura della loro
ombra.
Per comprendere il problema della paura, dovete scendervi
dentro in profondita’ , perche’ la paura non e’ solo alla superficie della
mente. La paura non e’ solo la paura degli altri o di perdere il lavoro; e’
molto piu’ profonda e comprenderla richiede penetrarla in profondita’. Per
penetrare in profondita’ e’ necessaria
una mente molto affilata, ma la mente non si puo’ affilare mediante la semplice
argomentazione o la fuga. Bisogna entrare nel problema un passo alla volta. Per
questo e’ cosi’ importante comprendere l’intero processo della denominazione. Se
denominate un gruppo di persone chiamandole ‘musulmane’, o quello che volete,
e’ come se ve ne foste sbarazzati. Non dovrete piu’ vederle come individui . Il
nome, la parola, vi ha impedito di essere esseri umani in rapporto con altri
esseri umani. Allo stesso modo, quando date un nome ad una sensazione non state
piu’ guardando la sensazione, non siete piu’ totalmente con il fatto.
Vi sono
innumerevoli vie di fuga dalla paura: ma se fuggite, se scappate, la paura vi
inseguira’ sempre. Per essere completamente liberi dalla paura dovete
comprendere il processo di denominare e capire che la parola non e’ mai la cosa. La mente
deve essere capace di separare la parola dalla sensazione, senza lasciare che
la parola interferisca con la percezione diretta della sensazione, che e’ il
fatto.
Questa cosa straordinaria che chiamiamo solitudine e’
l’essenza stessa dell’io, del ‘me’, con tutti i suoi imbrogli, le sue astuzie,
le sue solitudini, la sua rete di parole in cui la mente rimane imprigionata.
Solo quando la mente e’ capace di andare al di la’ di questa assoluta
solitudine c’e’ liberta’, totale liberta’ dalla paura. E solo allora scoprirete
da voi che cos’e’ la realta’, questa infinita energia priva di inizio e fine.
Finche’ la mente dissemina le sue paure in termini di tempo, non potra’
comprendere cio’ che e’ senza tempo. [New Delhi, quarto discorso
pubblico, 24 febbraio 1960].
J. Krishnamurti: Riflessioni
sull’io , Ubaldini editore, 2009, Roma
( Reflections on the self,
Open Court, Chicago and LaSalle, Illinois, 1997)
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